Ci prendiamo un caffè? Tra storia, cultura e socialità

Quando si incontra un amico che non vediamo da tempo, quando vogliamo scambiare cinque minuti di chiacchiere senza troppo impegno formale, quando desideriamo fare una pausa dal lavoro o dallo studio, ci prendiamo un caffè.  Eppure questa bevanda, ormai quotidiana per molti di noi, è entrata di recente nella nostra cultura. La pianta è originaria di Caffa – da cui il nome – in Etiopia. Da lì, tra il XIII e il XIV secolo, arriva nello Yemen, per proseguire il suo cammino verso nord lungo la costa del Mar Rosso, fino alla Mecca e a Medina, in Arabia, e poi al Cairo, che diventa uno dei principali centri di smistamento e diffusione del caffè. La bevanda ebbe un grande successo in quelle regioni non solo per motivi climatici, ma anche perché era un’alternativa al vino, proibito dalla religione islamica.

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L’arte di cucinare gli avanzi: non solo lotta allo spreco

Cucinare con gli avanzi è una vera e propria arte, che a volte consente di mettere in tavola dei piatti che sono una vera leccornia, dei piccoli capolavori di gastronomia. Quando invito a casa mia gli amici a mangiare la ribollita toscana tutti fanno festa al piatto, ma la sua storia è quella di un riciclo: è la zuppa di fagioli e cavolo nero che il giorno dopo viene appunto “ribollita”. Il pane è sempre stato considerato un cibo sacro e prezioso, quello avanzato può essere riutilizzato in tanti modi, dando vita a piatti gustosi e molto apprezzati: oltre alla ribollita, si può fare la panzanella, oppure la pappa col pomodoro. Con l’arrosto avanzato si possono preparare delle polpette. Le torte salate e i timballi sono spesso il risultato del riutilizzo di diversi ingredienti che, mescolati tra loro e messi in un guscio di pasta, diventano un piatto molto scenografico e gourmet.

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Digiuno religioso e digiuno laico: una riflessione

La pratica del digiuno è comune a tutte le religioni: con modalità diverse, con magari una diversa motivazione, ma il sacrificio che comporta è considerato un valore che aiuta il credente ad avvicinarsi a Dio. Nell’attuale società secolarizzata il digiuno per motivi di fede non sempre viene compreso, eppure il concetto di sacrificio alimentare in vista di un obiettivo superiore è ancora presente nella nostra cultura, perché evidentemente è un principio insito nella natura umana. Si tratta di capire per quali scopi esso venga praticato perché, come sostiene lo studioso francese René Girard, la modernità ha prodotto molte caricature della religione e la comparsa in forme moderne di «divinità più antiche e feroci».

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Talleyrand e Carême: la pace si fa a tavola

Marie-Antoine Carême

Questa è una storia nella quale la politica si intreccia con la cucina e la gastronomia: i destini di una nazione e dell’Europa sono passati anche attraverso le pentole e le stoviglie. La tavola è, fin dagli albori dell’umanità, il contesto ideale per fare ambiente e costruire comunità, stringere alleanze o manifestare il proprio potere, offrire amicizia e accogliere ospiti, dimostrare chi siamo e cosa pensiamo della vita. Nulla di nuovo quindi. Ma può capitare persino che chi si presenta ad un congresso in posizione di manifesta inferiorità ne esca a testa alta, contro ogni previsione, grazie anche al proprio cuoco. E’ quello che è accaduto al Congresso di Vienna del 1815. Ma andiamo con ordine. I protagonisti di questa vicenda sono il principe Charles-Maurice de Talleyrand e il suo cuoco Marie-Antoine Carême.

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Verso la solitudine alimentare

Per la mia rubrica “Distillati di sapienza” vi segnalo un capitolo del volume di Jacques Attali “Cibo. Una storia globale dalle origini al futuro” (ed. Ponte alle Grazie, 2020). Si tratta di un libro molto interessante di storia dell’alimentazione, che attraversa le varie epoche della nostra civiltà e si conclude con una descrizione impietosa della situazione della cultura della tavola ai giorni nostri. Proprio a questa descrizione dell’attualità si riferisce il passo che vi presento. Attali, nato ad Algeri nel 1943, è saggista, giornalista, economista, scrittore e musicista. Figura di spicco della cultura europea, è stato consulente di alcuni Presidenti della Repubblica francese.

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«Il vino è dono di Dio»: il messaggio del Papa ai vignaioli

Papa Francesco il 22 gennaio 2024 ha salutato i partecipanti ad un convegno organizzato da Vinitaly sul tema “L’economia di Francesco e il mondo del vino italiano”, che si è tenuto a Roma nel Palazzo Apostolico Vaticano.  «Il vino è dono di Dio» ha detto il Papa salutando la delegazione dei vignaioli, lodando il fatto che questi imprenditori abbiano scelto di dedicare l’evento ad una riflessione sugli aspetti etici e sulle responsabilità morali che il loro lavoro comporta: «Le linee fondamentali su cui avete scelto di muovervi – attenzione all’ambiente, al lavoro e a sane abitudini di consumo – indicano un atteggiamento incentrato sul rispetto, a vari livelli. E il rispetto, nel vostro lavoro, è certamente fondamentale: per un prodotto di qualità, infatti, non basta l’applicazione di tecniche industriali e di logiche commerciali; la terra, la vite, i processi di coltivazione, fermentazione e stagionatura richiedono costanza, richiedono attenzione e richiedono pazienza. Rispetto, costanza, capacità di potare per portare frutto: sono messaggi preziosi per l’anima, che ben si apprendono dai ritmi della natura, dai vitigni e dalla lavorazione

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Ricorrenze che ispirano: ma di quali stiamo parlando?

Ricorrenze che ispirano” è il titolo dell’articolo di una rivista e l’incipit è aulico, quasi mistico: «Nel ciclico danzare del tempo, ogni anno porta con sé una serie di ricorrenze che colorano l’ordinario fluire dei giorni con sfumature di festa e tradizione». State pensando al Natale? Alla Pasqua? Alle commemorazioni legate a momenti storici importanti della vita della nostra Nazione? Alla festa della mamma o del papà? Nulla di tutto ciò, non siamo banali, suvvia. Adeguiamoci alle nuove Giornate internazionali, proclamate da istituzioni serie che hanno a cuore la nostra cultura, il nostro benessere, la costruzione di valori solidi e basilari per la nostra società. Prendete l’agenda e segnate questi appuntamenti immancabili.

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«Dimmi come mangi, e ti dirò che anima possiedi»: il Papa parla del vizio della gola

Papa Francesco dedica l’Udienza generale del 10 gennaio 2024 al vizio della gola, con considerazioni molto profonde non solo da un punto di vista teologico e spirituale, ma anche antropologico e sociologico. Voi direte: ma parlare del vizio della gola in un blog dedicato alla cultura della tavola non è un controsenso? In realtà no, anzi è proprio il rapporto sbagliato e sregolato nei confronti dell’alimentazione che rovina e corrompe la vera bellezza della convivialità. Lo chiarisce subito il Papa all’inizio della sua catechesi: «Guardiamo a Gesù. Il suo primo miracolo, alle nozze di Cana, rivela la sua simpatia nei confronti delle gioie umane: Egli si preoccupa che la festa finisca bene e regala agli sposi una gran quantità di vino buonissimo. In tutto il suo ministero Gesù appare come un profeta molto diverso dal Battista: se Giovanni è ricordato per la sua ascesi – mangiava quello che trovava nel deserto –, Gesù è invece il Messia che spesso vediamo a tavola. Il suo comportamento suscita scandalo in alcuni, perché non solo Egli è benevolo verso i peccatori, ma addirittura mangia con loro; e questo gesto dimostrava la sua volontà di comunione e vicinanza con tutti.» La tavola è per Gesù un momento di comunicazione, di dialogo. Così deve essere anche per noi, che possiamo cogliere l’occasione della convivialità per parlare ed entrare in profonda intimità con i nostri familiari e gli amici.

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Meditazione cucinando una ratatouille

Dopo le feste natalizie mi dedico volentieri ad un periodo di dieta disintossicante e le verdure diventano le regine delle tavola. Cucinarle con gusto e creatività è possibile e si possono mettere nel piatto in tante preparazioni diverse e gustose, che danno soddisfazione. Le verdure non sono soltanto sane, sono anche colorate, saporite, un piacere per gli occhi e per il palato. Mentre preparo una ricca ratatouille, uno dei miei contorni preferiti, facile e molto versatile (a proposito: avete visto il film? Troppo carino!) penso agli scambi commerciali e alle scoperte geografiche che hanno permesso la conoscenza di prodotti di paesi lontani che col tempo sono diventati a noi molto familiari ma rifletto anche sulle difficoltà che spesso incontriamo nell’accogliere le novità.

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La vigna del parroco e il Museo del Ruchè

Conoscete la storia del Ruchè? Potete leggere il mio post, a questo link, nel quale racconto la storia del parroco di Castagnole Monferrato, Don Giacomo Cauda, che nel 1964 arriva in questa graziosa località piemontese per svolgere il suo servizio pastorale e, avendo origini contadine e amando il lavoro in vigna, scopre nel terreno di proprietà della parrocchia un vitigno quasi sconosciuto, trascurato, per troppi anni ignorato, ma che lui a ragione ritiene di ottima qualità e meritevole di valorizzazione. A seguito del suo incoraggiamento, alcuni viticoltori iniziano a impiantare le uve di Ruchè, altri smettono di utilizzare questi grappoli per “tagliare” altri vini: si inizia a produrre “in purezza” un vino che da quel momento viene chiamato “il vino del parroco”.

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