Verso la solitudine alimentare

Per la mia rubrica “Distillati di sapienza” vi segnalo un capitolo del volume di Jacques Attali “Cibo. Una storia globale dalle origini al futuro” (ed. Ponte alle Grazie, 2020). Si tratta di un libro molto interessante di storia dell’alimentazione, che attraversa le varie epoche della nostra civiltà e si conclude con una descrizione impietosa della situazione della cultura della tavola ai giorni nostri. Proprio a questa descrizione dell’attualità si riferisce il passo che vi presento. Attali, nato ad Algeri nel 1943, è saggista, giornalista, economista, scrittore e musicista. Figura di spicco della cultura europea, è stato consulente di alcuni Presidenti della Repubblica francese.

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Che ci si sieda intorno ad un tavolo o sul pavimento, mangiare serve a nutrire la mente tanto quanto il corpo. Ma se le tendenze alimentari attuali dovessero consolidarsi il pasto perderà questo ruolo di convivialità, condivisione e costruzione di consenso. Verrà meno la socialità del mangiare, che è stata una costante nella storia dell’umanità per almeno 5.000 anni, e il cibo diventerà una mera questione individuale. Per prima scomparirà la colazione: ognuno aprirà il frigorifero quando vuole. Poi sparirà il pranzo, anche al lavoro; le mense aziendali non saranno più necessarie e verranno sostituite da spuntini alla scrivania. E la sera non si mangerà più con il resto della famiglia, che peraltro si sarà totalmente sfaldata. Si vive soli e si mangia soli.

Anche quando il pasto riunirà più persone ognuno mangerà al suo ritmo, secondo il suo programma alimentare personalizzato e sarà raro condividere lo stesso piatto. Mangeremo a tutte le ore, rapidamente e in qualunque posto ci troveremo: lavorando, guardando uno spettacolo, viaggiando, camminando, sempre se cammineremo ancora. Lo spuntino sarà l’unica forma di pietanza possibile, il pasto sarà un momento di passaggio tra un impegno e l’altro, in cui piluccare e bere qualcosa in aree non espressamente riservate al cibo (luoghi pubblici, stadi, corridoi, treni, auto). Trascorreremo ancora molto tempo sui mezzi pubblici, per questo si svilupperanno nuove forme di commercializzazione degli alimenti, con distributori automatici nelle stazioni, sui treni e nella metropolitana. Tra qualche anno si potrà mangiare nella macchina a guida autonoma, che conterrà tutti i mezzi per conservare gli alimenti.

In ogni caso il cibo diventerà un’attività accessoria, secondaria o associata allo svago. Si compirà la tragica vittoria definitiva della concezione anglosassone del pasto, imposta dal capitalismo, come mero atto funzionale totalmente sconnesso dalla nozione di piacere. Sparirà nel nulla la pratica del pasto come luogo privilegiato di conversazione, di contatto con la natura, di espressione di sé, di dibattito, di costruzione di consenso, creando uno squilibrio sociale e psicologico estremamente rilevante.

Smettere di mangiare in famiglia sarà particolarmente dannoso per l’educazione dei figli, dato che finora è proprio durante i pasti che i bambini ascoltano di più gli adulti, discutono con loro, formano le proprie opinioni e imparano a integrarsi in famiglia e in società o, perché no, a contestarle. La società diventerà sempre più una giustapposizione di nomadi solitari e narcisisti in continuo conflitto tra loro, oppure di autistici che evitano lo scontro, e l’unica gratificazione sarà guardare l’immagine che i social network restituiranno di noi, dopo che avremo resi pubblici tutti i nostri gusti, i nostri bisogni e i nostri desideri. E le foto dei nostri piatti preferiti.

In alcuni paesi si proverà a salvaguardare il modello del pasto in famiglia, come in Italia, nonostante l’ISTAT descriva da anni una crescita dei nuclei familiari composti da una sola persona (che già nel 2018 rappresentavano il 33 % della popolazione) e preveda un invecchiamento demografico che renderà ancora più scarsa la natalità degli italiani. Alcuni resisteranno inventando occasioni per mangiare con gli amici, i vicini di casa, o persino con sconosciuti trovati sui social: feste per non stare soli, autentiche (o no) come il cibo che vi si mangerà.

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