La vigna del parroco e il Museo del Ruchè

Conoscete la storia del Ruchè? Potete leggere il mio post, a questo link, nel quale racconto la storia del parroco di Castagnole Monferrato, Don Giacomo Cauda, che nel 1964 arriva in questa graziosa località piemontese per svolgere il suo servizio pastorale e, avendo origini contadine e amando il lavoro in vigna, scopre nel terreno di proprietà della parrocchia un vitigno quasi sconosciuto, trascurato, per troppi anni ignorato, ma che lui a ragione ritiene di ottima qualità e meritevole di valorizzazione. A seguito del suo incoraggiamento, alcuni viticoltori iniziano a impiantare le uve di Ruchè, altri smettono di utilizzare questi grappoli per “tagliare” altri vini: si inizia a produrre “in purezza” un vino che da quel momento viene chiamato “il vino del parroco”.

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Lo stupore di Goethe per il festeggiamento del Natale a Napoli

Wolfgang Goethe nel 1787 compie un lungo viaggio in Italia, quel Grand tour che era quasi d’obbligo per tutti coloro che desideravano conoscere il mondo, la cultura, l’arte, la bellezza. Ne resterà segnato, emozionato, diverrà un entusiasta ammiratore della nostra penisola. Sarà anche stupito per tante espressioni della nostra cultura, evidentemente lontane da quelle della sua Germania austera e un po’ fredda non solo nel clima meteorologico, come quando arriva a Napoli proprio in occasione del Natale. Scrive nel suo diario: «Per Natale la città diventa una specie di Paese di Cuccagna. Lungo le strade sono sospese ghirlande di cibi e si ammirano corone di salsicce legati con nastri rossi. I tacchini portano tutti sul sedere una banderuola rossa: mi dicono che se ne sono venduti 30.000, senza contare quelli ingrassati privatamente nelle case. Ogni anno un ufficiale della polizia percorre a cavallo la città, accompagnato da un trombettiere, e annuncia nelle piazze e agli incroci quante migliaia di buoi, di vitelli, di capretti, di agnelli di maiali i napoletani hanno consumato. Il popolo si rallegra a sentire quei grossi numeri, e ognuno ricorda con soddisfazione la parte che ha avuto in tale godimento».

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Una nuova edizione dell’Artusi, un classico della cucina italiana

In occasione di un evento dedicato al panettone milanese e alle tavole della festa, mi è stato chiesto di raccontare qualcosa delle tradizioni gastronomiche natalizie. Ho cominciato dai consigli di Pellegrino Artusi, secondo il quale: «Il mondo ipocrita non vuol dare importanza al mangiare; ma poi non si fa festa, civile o religiosa, che non si distenda la tovaglia e non si cerchi di pappare del meglio». Libro alla mano, leggo il suo menu del pranzo di Natale: cappelletti in brodo come primo piatto, di secondo un bel cappone: «animale che per sua bontà si offre nella solennità di Natale in olocausto agli uomini». Piatti molto familiari ma la domanda è: erano davvero tutti così i pranzi di Natale in Italia alla fine dell’Ottocento o è l’Artusi che ha plasmato con i suoi consigli le abitudini delle famiglie della nostra penisola? Le citazioni del noto gastronomo hanno molto divertito e incuriosito la platea, un’amica mi ha poi confessato che è andata a casa della mamma a recuperare una copia de La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, per godersi la lettura di questo classico.

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Happy Natale, Happy Panettone: la mia Masterclass, circondata dalla bellezza

E’ stato un onore per il blog Pane & Focolare partecipare a questa kermesse, un’emozione vedere il suo logo tra i tanti partner dell’evento. “Happy Natale, Happy Panettone. Il lato dolce del Natale milanese” è stato organizzato da Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza con il supporto di Fiera Milano e la collaborazione di tante realtà dell’imprenditoria, del commercio, della cucina, della cultura. Ho avuto il mio spazio nel corso della prima giornata, venerdì 24 novembre, per parlare della storia delle tradizioni gastronomiche natalizie ma anche del valore della tavola per le relazioni familiari e sociali.

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Masterclass a Milano: Storia, cultura e socialità nella tavola delle feste natalizie

Cari amici del blog, abbiamo l’occasione per incontrarci a Milano. Sono stata invitata all’evento “Happy Natale, Happy Panettone. Il lato dolce del Natale milanese”, per parlare non solo della storia delle tradizioni gastronomiche, ma anche del valore della tavola della festa per le relazioni familiari e sociali. Panettone e tacchino a Natale, lenticchie e spumante a Capodanno, apparecchiature curate e addobbi natalizi fanno parte delle nostre radici, diventano occasione di carità e generosa condivisione, sono un antidoto all’individualismo e un segno di speranza. La Master class si terrà a Palazzo Castiglioni in Corso Venezia 47 a Milano venerdì 24 novembre dalle ore 17.00 alle ore 17.30.

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San Martino, oca e vino

Siamo di fronte ad un santo molto venerato e conosciuto. La devozione popolare gli attribuisce tanti aneddoti e miracoli, ma sicuramente una è la storia più nota. Martino era un soldato vissuto nel IV secolo. Un giorno incontra sul suo cammino un povero infreddolito e impietosito alla sua vista taglia con la spada il suo caldo e prezioso mantello che indossava, per donarne la metà al povero. All’istante il sole inizia a scaldare come se fosse estate, e da allora chiamiamo proprio “estate di San Martino” le giornate tiepide delle quali a volte si può godere in corrispondenza dell’11 novembre, giorno della sua ricorrenza.

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Super food? Sono molto perplessa …

Si fa un gran parlare di super-alimenti che sarebbero un vero toccasana. Tutti pazzi per le bacche di goji, di Acai, di olivello spinoso, per il the Matcha, i semi di chia, il mirtillo dell’Alaska, che contengono vitamine, flavonoidi, antiossidanti, probiotici, carotenoidi … e via dicendo. Vengono chiamati Super food, termine coniato dal marketing per pubblicizzare questi alimenti e invogliare all’acquisto (nonostante i costi piuttosto alti). Sono davvero così indispensabili e salutari oppure il messaggio è fuorviante? E’ una moda passeggera, pilotata da un accurato battage pubblicitario delle industrie alimentari, o è davvero la chiave per la nostra salute e per l’alimentazione del futuro? C’è poi la moda dei cibi in polvere, delle barrette o dei beveroni dietetici che sostituiscono un intero pasto.

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Pranzi gourmet in alta quota

Quanto è buona e gustosa la cucina di montagna! Mi piace trascorrere le vacanze sulle Alpi, con una predilezione per le Dolomiti, e provo una intensa soddisfazione quando al termine di una bella escursione, stanca ma gratificata dal risultato raggiunto, mi siedo sulla terrazza del rifugio, prendo il menu e scelgo una delle tante stuzzicanti pietanze: salsicce e patate arrostite, polenta e funghi, spezzatino di cinghiale, tagliatelle e spätzle, salumi e formaggi tipici, dolci golosissimi. Il tutto innaffiato da un buon vino rosso o da una fresca birra artigianale.

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La pesca dello spot Esselunga: il cibo come atto d’amore

La pesca di Emma è diventata l’argomento centrale di discussione su tutti i social network, i siti internet, i quotidiani cartacei e online, i talk show televisivi. Non dico la mia sul tema della separazione coniugale e della conseguente sofferenza dei bambini, ma mi soffermo sulla frase che sul sito Esselunga accompagna il video: «La spesa non è solo un atto d’acquisto ma ha un valore simbolico molto più ampio. Per ogni prodotto che mettiamo nel carrello c’è un significato più profondo di quello che siamo abituati a pensare.» E’ il significato antropologico del cibo, la simbologia e la cultura che c’è sempre nelle scelte dei consumatori. Mettiamo nel carrello la nostra vita, le relazioni che ci sono o che mancano. La spesa della madre di tre figli è diversa da quella del single; chi ama invitare amici a cena, o vuole essere pronta per l’arrivo improvviso dei compagni di scuola dei suoi figli, mette in dispensa prodotti diversi rispetto a quelli del ragazzo che vive solo, per il quale la socialità a tavola è quella dell’happy hour o dell’apericena.

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La bellezza della cucina, bellezza delle relazioni vere e intense

La cucina è un po’ il cuore della casa. Non è semplicemente il luogo dedicato alla preparazione dei pasti: la sacralità della tavola e la ricchezza di significati antropologici dell’alimentazione ne ha fatto un luogo di intensa vita sociale e comunitaria. Il camino nelle case di campagna era sempre il centro della vita familiare: ci si scaldava, si cucinava, si recitava il rosario, si parlava, si ascoltavano le storie dei nonni. Oggi le cucine si sono evolute, ci sono fornelli e forni ad alta tecnologia, elettrodomestici che permettono la conservazione degli alimenti, piccoli attrezzi che facilitano la preparazione delle vivande, ma una famiglia che tiene alla propria identità mette sempre molta attenzione, anche estetica, a questo ambiente. Sempre più spesso si mangia in cucina per motivi di praticità e questo incentiva ancora di più a prendersi cura della sua bellezza e capacità di accoglienza.

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