La vigna del parroco e il Museo del Ruchè

Conoscete la storia del Ruchè? Potete leggere il mio post, a questo link, nel quale racconto la storia del parroco di Castagnole Monferrato, Don Giacomo Cauda, che nel 1964 arriva in questa graziosa località piemontese per svolgere il suo servizio pastorale e, avendo origini contadine e amando il lavoro in vigna, scopre nel terreno di proprietà della parrocchia un vitigno quasi sconosciuto, trascurato, per troppi anni ignorato, ma che lui a ragione ritiene di ottima qualità e meritevole di valorizzazione. A seguito del suo incoraggiamento, alcuni viticoltori iniziano a impiantare le uve di Ruchè, altri smettono di utilizzare questi grappoli per “tagliare” altri vini: si inizia a produrre “in purezza” un vino che da quel momento viene chiamato “il vino del parroco”.

Di lì a poco la produzione di Ruchè si rivelerà una straordinaria opportunità, a tal punto che oggi è un vino ricercato dagli intenditori, molto pregiato e finalmente insignito della D.O.C.G. (Denominazione di Origine Controllata e Garantita). L’area di produzione è limitata a sette comuni. Don Giacomo Cauda affermava, felice per i vantaggi che ne erano derivati ai suoi parrocchiani: «E’ stata fatta la volontà del Signore. I frutti della terra sono serviti a portare pace e prosperità. E cresceranno ancora se gli uomini e le donne che mi hanno seguito nella vigna del Ruchè sapranno rispettare la natura come dono di Dio».

Così è stato, e adesso esiste anche un Museo del Ruchè, che ho visitato in una giornata di ottobre, quando le colline sono avvolte da una leggera nebbiolina, le vigne sono tinte dai meravigliosi colori dell’autunno, viene voglia di bere una buon bicchiere di vino rosso e di visitare cantine. Il museo è stato realizzato dalla azienda Ferraris Agricola, in quella che un tempo era la vecchia cantina di famiglia, dove ancora si può vedere un bellissimo infernot con bottiglie rare. Cosa sono gli infernot? Sono locali scavati nel sottosuolo, sotto le abitazioni, nella c.d. pietra da cantoni, un’arenaria presente unicamente in questa porzione di territorio. Sono destinati alla conservazione domestica dei vini e alcuni di essi costituiscono delle vere opere d’arte, nate dalla tradizione contadina e dalla perizia dei cavatori. Hanno ottenuto il riconoscimento di Patrimonio Mondiale dallUnesco.

Le sale del museo sono dedicate alla storia e alla conoscenza del Ruchè, attraverso una visita multimediale, con anche una suggestiva esperienza olfattiva. Al termine dell’itinerario si entra in una piccola sala cinema, dove viene proiettato un video che ripercorre la storia del territorio, di don Stefano Cauda, dei suoi chierichetti che oggi producono il Ruchè facendo tesoro dei suoi consigli. Una storia che vede protagonisti uomini e donne che hanno fatto un percorso all’incontrario rispetto ai loro genitori, costretti tra Ottocento e Novecento ad abbandonare la campagna per cercare fortuna oltreoceano oppure nelle grandi fabbriche cittadine. Negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso inizia il percorso inverso: alcuni lasciano la vita di città per tornare alle proprie radici, grazie ad un forte attaccamento alla terra e ai valori che trasmette. Alla fine della proiezione ho dovuto asciugarmi gli occhi con un fazzoletto, per la commozione. L’azienda vitivinicola Ferraris ha anche rilevato la Vigna del Parroco, il terreno annesso alla Parrocchia nel quale lavorava don Cauda, ed è bellissimo questo forte ricordo e gratitudine verso il sacerdote. Non potevo non acquistare qualche bottiglia del vino che proviene proprio da quel vigneto così storico e prezioso.

Se volete fare una gita fuori porta, vi consiglio di fare un salto a Castagnole Monferrato e di visitare le cantine dei produttori locali, dove avrete modo di degustare il prezioso nettare, senza dimenticarvi la visita del Museo del Ruchè. Tornate a casa con qualche bottiglia, come ricordo della vostra escursione. La stapperete in una fredda serata autunnale o invernale e vi scalderà il cuore oppure durante una cena primaverile e anche estiva e vi donerà la ricchezza dei suoi peculiari profumi. In ogni circostanza, ricordate le parole di don Stefano Cauda: «Il Ruchè ha un corpo perfetto e un equilibrio di aromi, sapori e profumi unici. Degustato con moderazione libera lo spirito e apre la mente».

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