Cosa ci offre il menu? Bellezza, storia e cultura

Ci sediamo al ristorante, il cameriere ci porge il menu che compulsiamo con curiosità ed interesse: già sentiamo l’acquolina in bocca. Quante volte lo abbiamo fatto eppure non è sempre stato così, il mondo della tavola è molto cambiato. Innanzitutto un tempo non si mangiava mai fuori casa, se non per necessità. Non esisteva il concetto moderno di ristorazione, al servizio di chi ha voglia di mangiare qualcosa di gourmet oppure di chi viaggia per turismo o per lavoro e sfrutta l’occasione per provare nuove esperienze gastronomiche. Oggi l’offerta è ampia, si va dalla pizzeria al ristorante stellato, dal fast food al locale chic, dalla trattoria di cucina regionale a quella etnica.

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Musica a tavola: sì o no?

Entro in pizzeria e vengo sommersa non solo dalle voci della clientela, amplificate dalla cattiva acustica del locale, ma anche da una musica martellante. Sono a tavola con amici e non si riesce a parlare: per essere capiti bisogna gridare e così diamo anche noi il nostro contributo a quel caos infernale. La cameriera parla illustrandoci i piatti fuori menu ma non si riesce a capire cosa stia dicendo. Passa circa un mese, vado in un’altra pizzeria e noto con piacere che si tratta di un locale molto tranquillo, anche se affollato, e soprattutto non c’è musica. La mia giornata era stata impegnativa, ero stanca e avevo proprio bisogno di rilassarmi e anche grazie all’atmosfera di quiete presente nel locale ho un ricordo molto piacevole di quella serata. La prossima volta, so quale locale sceglierò.

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Il potere di una cena tra buoni amici

Ci sono serate che per tanti anni sono state una buona abitudine: le cene a casa con gli amici, gli appuntamenti al ristorante, la gita fuori porta alla ricerca di una degustazione di vini o della trattoria in una location suggestiva. Poi arriva questo dannato virus e butta tutto all’aria. Ricordo con particolare emozione la prima grigliata con amici dopo il primo lockdown: eravamo solo sei, in giardino, così all’aria aperta ci sentivamo più sicuri. Non ci sembrava vero di poterci guardare negli occhi, alzare i calici, mangiare in allegria, senza quel filtro del collegamento Skype, una finestra che ci permetteva di comunicare ma in modo purtroppo così distaccato e lontano. Poi è arrivata l’estate e ci sono state altre occasioni di piacevoli incontri, ma in autunno di nuovo eravamo tutti a casa, i locali erano chiusi e abbiamo dovuto anche rinunciare alle cene tra amici.

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Un uomo, una donna, una vita insieme. Ricordo di un pranzo in Borgogna

C’è un’immagine che è stampata nella mia mente, un ricordo tenero e commovente. E’ l’autunno del 2013, la Borgogna ci regala i suoi splendidi colori dell’autunno, che tingono di rosso le vigne di Pinot Nero. Andrea ed io, dopo avere visitato la splendida Beaune, percorriamo la Strada del Vino e andiamo a pranzare a Volnay. Le Cellier Volnaysien è un ottimo ristorante, situato in una villa antica, con la facciata coperta di edera. La sala è elegante e calda, con un arredamento che evoca in tanti dettagli l’atmosfera della migliore tradizione della Borgogna. Continua a leggere

Una cena InGalera: ma che bel progetto!

Avete capito bene, si va a mangiare in una prigione. La Casa di Reclusione di Bollate, in provincia di Milano, è nota per il suo forte impegno nei progetti di reinserimento sociale dei detenuti, in particolare insegnando un mestiere che consenta loro, una volta usciti dal carcere, di poter svolgere un lavoro con serietà e passione, evitando così di ricadere nell’illegalità.

Per favorire questo cammino verso un cambiamento positivo, nel carcere di Bollate ci sono un vivaio, una sartoria, una legatoria, una manifattura del cuoio, una vetreria. E poi all’interno del penitenziario c’è un ristorante aperto a tutti: si chiama proprio InGalera. Continua a leggere

Gli chef star ai fornelli e alla TV: è vera gloria?

Come avrete capito, sono un’appassionata di cucina e di tutto quello che ruota intorno al suo mondo. Qualche volta guardo le trasmissioni televisive dedicate alla buona tavola e al turismo enogastronomico: si imparano nuove ricette, ci si erudisce sulle caratteristiche degli ingredienti, sui prodotti locali e sulle belle tradizioni dell’Italia o di altre nazioni.

Però non amo i talent show dedicati alla cucina, quelli che vedono il susseguirsi di una serie di prove nelle quali i concorrenti devono dimostrare cosa sanno fare ai fornelli, con la progressiva eliminazione dei cuochi bocciati e al termine della serie di puntate la proclamazione del vincitore. L’idea è interessante, ma quello che non apprezzo di queste trasmissioni è l’atteggiamento dei giudici, chef famosi che assumono in modo a tratti caricaturale e artefatto la parte dei cattivissimi: non esitano a manifestare disprezzo e scarso rispetto verso i concorrenti, con durezza e altezzosità. Continua a leggere