Progresso dell’Europa? Merito dei monaci!

Sono stati versati fiumi di inchiostro a proposito dell’influenza del monachesimo sulla vita quotidiana dell’Europa. I monaci dissodano la terra, la bonificano, piantano alberi da frutto, seminano il grano, curano le vigne, allevano gli animali. Preservano e rilanciano l’economia del Vecchio Continente, nei secoli delle invasioni barbariche, degli sconvolgimenti militari e politici. Altro che secoli bui! La luce del Medioevo è dovuta in gran parte al monachesimo, che ha conservato i libri, tramandato la cultura, aperto ospedali e distribuito medicinali.

Si chiede lo scrittore Léo Moulin:Sarebbe possibile citare qualche formaggio di pregio che non sia monastico nelle sue lontane origini?”.  Nel suo saggio L’influenza della civiltà monastica sulla vita quotidiana dei secoli passati (Jaka Book, 1985), ci fa notare che tanti piccoli gesti della nostra vita quotidiana vengono dal monachesimo: «Perché non sta bene bere con la bocca piena e perché ci puliamo la bocca prima di bere? Perché, nei primi tempi del monachesimo, la pietanza (una parola venuta dritta dai monasteri: pietas, per designare il supplemento di cibo che la pietà dei fedeli offriva ai religiosi), la pietanza, dunque, veniva servita, per due, in un unico piatto e la bevanda in un solo bicchiere. Era normale, in queste condizioni, evitare di lasciare tracce di cibo sul bicchiere comune: i monaci quindi si pulivano la bocca con la salvietta da tavola che faceva parte del corredo del monastero (grande rarità in un’epoca in cui, il più delle volte, era la manica dell’abito a fungere da tovagliolo.)

Sempre Léo Moulin ci ricorda che la parola italiana “colazione” veniva usata dai monaci che chiamavano così il pasto leggero dei giorni di digiuno mentre il lettore, nel refettorio comune, leggeva ad alta voce le Collationes di Cassiano. La parola inglese “breakfast” significa letteralmente rompere (to break) il digiuno (fast).

La ricerca della perfezione evangelica ha portato dunque il progresso economico e tecnologico. Ma perché?

In primis grazie alla teologia cristiana che esalta la razionalità del creato. San Tommaso insegna che si può giungere alla conoscenza attraverso il ragionamento: l’uomo è dotato di logica e il creato è costruito secondo una logica razionale ed immutabile. Niente a che vedere con gli dei capricciosi del paganesimo: la natura è razionale e se ne possono e devono conoscere le regole.

Questo aspetto è da accompagnare ad un altro: l’abolizione della schiavitù. Leggiamo in un libro di Rodney Stark: «Per quale ragione un nobile romano avrebbe dovuto spendere del denaro per costruire una turbina idraulica per macinare il grano e farlo diventare farina, se possedeva schiavi a volontà che avevano il tempo e l’energia per far girare il mulino a mano?».  (La vittoria della ragione, ed. Lindau).

Con la nascita della civiltà cristiana, viene abolita la schiavitù. Uomini liberi si dedicano all’agricoltura e all’allevamento, uomini colti entrano nei monasteri per cercare Dio e seguono la regola dell’ Ora et labora. Gesù non aveva forse fatto il falegname? Rimbocchiamoci le maniche e lavoriamo. E l’Europa si riempie di mulini a vento e ad acqua, per la macinatura dei cereali ma anche per altre attività manifatturiere.

Viene inventato l’aratro pesante: prima c’era solo quello leggero, che rivoltava ben poco le zolle, d’altronde doveva essere trainato dallo schiavo e di più la forza umana non poteva fare. Ma l’uomo medioevale trova la soluzione: lo sfruttamento dell’energia dei buoi e dei cavalli. Ecco l’invenzione dell’aratro pesante,  ben più efficace. Compaiono il giogo e i ferri da cavallo, per proteggere gli zoccoli. Si studia inoltre il sistema di rotazione dei campi. Improvvisamente aumenta e migliora la produzione agricola. E tutto questo grazie ad una cultura cristiana e prima ancora ad una teologia cristiana che, a differenza di altre religioni, esalta la ragione, il progresso e la dignità dell’uomo.

Abbazia di Chiaravalle milanese

Abbazia di Chiaravalle milanese

La Pianura Padana era una territorio paludoso, inospitale, che si credeva inutilizzabile. Oggi è una delle regioni più ricche d’Europa: merito dei Cistercensi che l’hanno bonificata. L’abbazia di Citeaux, in Borgogna, era stata costruita in un luogo desertico, in una valle dove c’erano quasi solo canneti: oggi quella regione è nota in tutto il mondo per i suoi vini, ma le vigne sono state piantate dai monaci.

Secondo la Regola di san Benedetto, i monaci devono essere autosufficienti: «Il monastero deve, nei limiti del possibile, essere organizzato in modo tale che vi si trovi tutto il necessario, cioè dell’acqua, un mulino, un orto e i vari laboratori, per togliere ai monaci ogni necessità di girellare fuori, il che non giova affatto alle loro anime.» (Capitolo 66 della Regola).  Se consideriamo la diffusione capillare dei monasteri in Europa nel giro di pochi anni, ci rendiamo conto del numero di piccoli centri agricoli, dove il lavoro è mezzo di santificazione personale prima di tutto. Alla morte di san Bernardo si contano 525 monasteri cistercensi, e oltre 700 nel secolo successivo. Quale multinazionale può contare un tale numero di sedi distaccate? E tutte in attivo? Ed erano tra loro collegate, in una sorta di network: di abbazia in abbazia giravano le informazioni, i consigli, i suggerimenti su come migliorare la produzione.

I monaci benedettini fecero nascere l’Europa, le dettero un credo, un’educazione, dei costumi, una moralità, un’economia, un corpo di leggi, una scienza. Lasciarono il loro segno nell’ambiente, nelle arti, nelle città, nelle campagne. Insomma, risollevarono una civiltà perduta, la trasformarono, la plasmarono. E dettero all’Europa un’identità. La nostra identità.” (Marcello Pera, Il miracolo dell’Europa. Prefazione alla biografia di San Benedetto, di Andrea Pamparana, ed. Ancora).

9 commenti su “Progresso dell’Europa? Merito dei monaci!

  1. […] alla ricerca dei post dedicati alla cucina monastica: ho parlato di team coaching in monastero, del progresso dell’Europa anche a tavola grazie alle tradizioni e alle buone pratiche delle abbazie, di cosa si mangiava e […]

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  2. […] Sempre Léo Moulin ci ricorda che la parola italiana “colazione” veniva usata dai monaci che chiamavano così il pasto leggero dei giorni di digiuno mentre il lettore, nel refettorio comune, leggeva ad alta voce le Collationes di Cassiano. La parola inglese “breakfast” significa letteralmente rompere (to break) il digiuno (fast). Leggi tutto… […]

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  3. […] produzione di cibi e bevande di altissima qualità. Già ve ne ho parlato: birra, vino, champagne, formaggio grana. E i monaci pensano anche alla realizzazione di medicinali, pomate, tisane e decotti, a sollievo […]

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  4. […] già parlato dell’influenza del monachesimo sulla vita quotidiana dell’Europa e del suo contributo non solo alla rinascita spirituale e culturale del nostro continente, […]

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  5. Luca Zacchi ha detto:

    Grazie, un contributo eccellente. Un piacere condividerlo.

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  6. Luca Zacchi ha detto:

    L’ha ribloggato su Luca Zacchi, energia in relazionee ha commentato:
    Sono stati versati fiumi di inchiostro a proposito dell’influenza del monachesimo sulla vita quotidiana dell’Europa. I monaci dissodano la terra, la bonificano, piantano alberi da frutto, seminano il grano, curano le vigne, allevano gli animali. Preservano e rilanciano l’economia del Vecchio Continente, nei secoli delle invasioni barbariche, degli sconvolgimenti militari e politici. Altro che secoli bui! La luce del Medioevo è dovuta in gran parte al monachesimo, che ha conservato i libri, tramandato la cultura, aperto ospedali e distribuito medicinali.

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  7. Anonimo ha detto:

    Molto interessante, è anche un buon consiglio per affidarsi alla bibliografia citata.
    M.

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