Ci prendiamo un caffè? Tra storia, cultura e socialità

Quando si incontra un amico che non vediamo da tempo, quando vogliamo scambiare cinque minuti di chiacchiere senza troppo impegno formale, quando desideriamo fare una pausa dal lavoro o dallo studio, ci prendiamo un caffè.  Eppure questa bevanda, ormai quotidiana per molti di noi, è entrata di recente nella nostra cultura. La pianta è originaria di Caffa – da cui il nome – in Etiopia. Da lì, tra il XIII e il XIV secolo, arriva nello Yemen, per proseguire il suo cammino verso nord lungo la costa del Mar Rosso, fino alla Mecca e a Medina, in Arabia, e poi al Cairo, che diventa uno dei principali centri di smistamento e diffusione del caffè. La bevanda ebbe un grande successo in quelle regioni non solo per motivi climatici, ma anche perché era un’alternativa al vino, proibito dalla religione islamica.

A Istanbul ho bevuto il caffè turco, un vero rito: non si può bere in piedi al bancone di un bar, perché dopo averlo versato nella tazza bisogna aspettare che la polvere finissima si depositi completamente sul fondo. Una volta bevuto … si legge il futuro nei fondi di caffè! E’ gradevole, intenso, da consumare in modo calmo e rituale. Il primo europeo a parlare del caffè nei suoi libri è il medico e botanico Prospero Alpini, che nel 1581 è al Cairo al seguito dell’ambasciatore veneziano. La Serenissima non si lascia scappare questa nuova opportunità di commercio e non solo acquista il caffè e lo diffonde ma inaugura anche la moda dei locali dove lo si beve mentre si discetta di filosofia, politica e cultura. Goldoni immortala quelle atmosfere nella sua commedia “La bottega del caffè” e i fratelli Verri chiamano “Il Caffè” il giornale fondato nel 1764, con il quale divulgano le nuove istanze politiche e sociali. La caffetteria è un ambiente gradevole e informale: vi si legge il giornale, si gioca a dama, agli scacchi, al biliardo. La bevanda deve la sua fama anche al fatto che le donne la possono bere liberamente, mentre era buona creanza che in pubblico bevessero poco vino, e anche nei monasteri il caffè viene accolto positivamente, perché tiene svegli ed è quindi utile per chi si alza all’alba per la preghiera, lavora molto durante il giorno e deve trovare un valido supporto alle fatiche del corpo quando bisogna rispettare astinenze e digiuni.

A poco a poco la moda si diffonde in tutta Europa: sono famosi i locali parigini, il più antico è del 1686, il Cafè Procope, tuttora esistente in una via vicino a Saint-Germaine de Prés. Elegante ritrovo di philosophes e letterati, ai suoi tavolini si sono accomodati Rousseaux, Diderot, Verlaine. Tavoli di marmo, lampadari di cristallo, specchi e tappezzerie eleganti: ma è doveroso ricordare che è stato fondato da un siciliano, Procopio Coltelli, che offre ai suoi avventori anche liquori, dolci, gelati e sorbetti. In conclusione di questi pochi cenni storici: un prodotto viene da lontano, ma l’Italia sa sempre come valorizzarlo!  

I caffè viennesi sono un altro grande esempio di cultura: accompagnati dagli ottimi dolci (che spettacolo la Sacher! Leggete qua il mio post dedicato a questa torta), si possono gustare in locali eleganti e raffinati. Nel 2011 la Cultura della Caffetteria di Vienna è stata inserita nell’elenco UNESCO del Patrimonio culturale immateriale, con la motivazione. “I caffè sono un luogo in cui si consuma tempo e spazio, ma viene messo in conto solo il caffè”. In Austria la storia di questa bevanda è anche legata alla celebre battaglia contro gli Ottomani nel 1683: sacchi di caffè vengono abbandonati dall’esercito nemico in fuga, i viennesi lo assaggiano ma lo trovano inizialmente troppo forte e lo allungano col latte. Lo chiamano “cappuccino” in onore del frate Marco d’Aviano, che ha avuto un ruolo fondamentale per la salvezza della capitale dell’Impero (e di tutta l’Europa). Se volete saperne di più, leggete il mio post. Sulla scia di questa cultura, non posso dimenticare, per motivi familiari, il Caffè degli Specchi di Trieste, locale storico di Piazza Unità, in perfetto stile asburgico. Ho ancora nelle orecchie la frase in dialetto: “Te me trovi ai Speci”.

Come si prepara oggi il caffè in Italia? La caffettiera napoletana richiede un rito casalingo fatto di lentezza e anche di destrezza perchè, afferrandola saldamente per i due manici, bisogna capovolgerla con un colpo secco.  La manovra di ribaltamento viene evitata se si utilizza la moka, un oggetto che è un pezzo di storia della creatività e dell’ingegno italiano. Alfonso Bialetti è il suo geniale inventore nel 1933 e suo figlio Renato ha saputo decretarne il successo quando prende in mano le redini dell’azienda nel 1946 e chiede al disegnatore e fumettista Paul Campani di ideare una pubblicità: nasce l’Omino coi baffi, che in realtà è una caricatura di Renato, primo caso di utilizzo dell’immagine dell’imprenditore nella réclame del suo prodotto.

Nel 1884 il piemontese Moriondo crea la macchina del caffè espresso, che verrà perfezionata da Achille Gaggia: quando nel Secondo Dopo Guerra ne viene installata una nell’elegante bar Motta & Biffi in Galleria Vittorio Emanuele, tutta Milano è in coda per degustare quel caffè, con la sua apprezzatissima cremina. La tecnologia avanza e l’industria comincia a produrre macchine per l’espresso da usare anche in famiglia. Dalla polvere del caffè alla cialda il passo è breve. Io personalmente amo il caffè fatto con la moka, non solo per il suo sapore ma anche per il rito, per l’aroma che si sprigiona e per quel gorgoglio che per me è quasi musica che esce dalla caffettiera.

I tempi sono cambiati, la rivoluzione industriale ha prodotto una cultura sempre più all’insegna della velocità, i baristi sono assediati da clienti che vogliono consumare in fretta la loro tazzina in piedi davanti al bancone, per tornare subito ai loro affari. L’espresso all’italiana è un brand vincente, che corrisponde sicuramente a queste nuove esigenze, ma senza rinunciare al gusto, anzi.  In conclusione: moka, napoletana, espresso, polvere, cialde o capsule, ognuno scelga il sistema che preferisce. Con l’auspicio che quando è possibile ci si sieda al tavolino con gli amici e i colleghi, sorseggiando il caffè mentre si conversa, si sfoglia un giornale, commentando le notizie di politica, di costume o di sport: vera pausa ristoratrice accompagnata da una piacevole conversazione.

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