Grana Padano e Parmigiano Reggiano: un’origine monastica

A Natale è sempre cosa gradita ricevere in regalo una bella bottiglia di vino e un cesto con prelibatezze gastronomiche. Quest’anno ho ricevuto due confezioni di Parmigiano Reggiano Vacche Rosse, una razza di bovini molto robusta dal cui latte si ricava un formaggio di qualità particolarmente pregiata, con un tipico colore giallo paglierino conferitogli dalla dieta che segue la mucca, che si nutre in modo molto naturale. Mentre mi gusto le scaglie di parmigiano, guardo con curiosità quanto scritto sulla confezione e con piacevole stupore leggo: «Otto secoli fa nelle antiche abbazie delle colline di Reggio Emilia le sapienti mani dei monaci benedettini iniziarono a lavorare il latte delle vacche dal mantello rosso fromentino. Oggi come allora, con l’arte e la sapienza di quelle mani trasmesse nei secoli, il Consorzio Vacche Rosse trasforma il loro latte in Parmigiano Reggiano delle Vacche Rosse

I produttori scrivono con orgoglio che il loro formaggio ha origini monastiche. Per saperne di più vado a guardare cosa scrivono sul loro sito internet: sono stati i monaci che venivano nientemeno che da Cluny a sfruttare l’abbondanza di corsi d’acqua e di grandi pascoli per allevare le mucche e produrre il formaggio a pasta dura, che si conserva nel tempo. Il latte prodotto dai bovini eccedeva di gran lunga il fabbisogno dei monasteri ma non poteva certamente essere sprecato e per questo motivo veniva trasformato in formaggio che si potesse anche conservare nel tempo.

Storia già sentita, da una milanese come me: il Grana Padano è nato nell’Abbazia di Chiaravalle, per gli stessi motivi. Il lungo e paziente lavoro dei monaci cistercensi ha costruito nei secoli un paesaggio che è tipico e unico al mondo, composto da reti d’acqua che si alternano alla disposizione regolare dei campi coltivati. Fiumi, canali, colatori, fontanili, marcite hanno prodotto un’agricoltura tra le più produttive d’Europa. Invenzione dei monaci di Chiaravalle, la marcita è un prato irriguo ad ali spioventi con la caratteristica di utilizzare le acque tiepidi di risorgiva. Grazie all’irrigazione continua dei prati, questi sono particolarmente fertili e il raccolto del foraggio arrivò a 7/12 tagli (pensiamo che normalmente si fanno 4 tagli all’anno). Conseguenza: tanto foraggio, tanti capi di bestiame che possono essere allevati, una miglior nutrizione delle vacche. Tra l’altro, si deve proprio ai religiosi la diffusione di formaggi prodotti da latte bovino, mentre fino ad allora i contadini producevano prevalentemente formaggi caprini ed ovini.

Le abbazie nel corso dei secoli sono state un punto di riferimento spirituale e culturale, ma hanno anche acquisito un ruolo di eccellenza nella trasformazione del territorio, nella coltivazione della terra, nell’allevamento del bestiame e nella trasformazione dei prodotti agricoli, diventando così protagoniste e motore dello sviluppo economico e sociale del territorio circostante. Sono passati secoli e secoli ma il loro influsso si sente ancora ed è molto significativo che nella nostra società, così scristianizzata e spesso apertamente ostile nei confronti del clero e dei religiosi, si riconosca apertamente l’origine monastica dei propri prodotti. Anche il Consorzio del Grana Padano si vanta del fatto che il suo formaggio sia stato creato a Chiaravalle milanese, dedicando ampio spazio sul suo sito internet alla storia dell’abbazia e al suo contributo economico e sociale.

I monasteri sono luoghi di grande cultura gastronomica: diamo quasi per scontato che quanto proviene dalle abbazie sia genuino, naturale, di ottima qualità. L’importanza e il valore educativo che la Regola di San Benedetto attribuisce al lavoro, per la crescita personale e comunitaria, hanno una concreta applicazione ed evidenti conseguenze anche nella qualità dell’arte culinaria. La cura, l’attenzione, l’utilizzo di metodi tradizionali, il rispetto della stagionalità, il lavoro svolto per amore di Dio e del prossimo portano come conseguenza naturale una garanzia di salute e genuinità. La storia del monachesimo è ricca di questi esempi, di figure straordinarie di religiosi che hanno dimostrato grande attenzione e sapienza nel campo dell’agricoltura, della cucina e dell’alimentazione. (Ho avuto modo di parlarne in occasione di un evento proprio a Chiaravalle Milanese: leggete qui).

Si chiede lo scrittore francese Léo Moulin: «Sarebbe possibile citare qualche formaggio di pregio che non sia monastico nelle sue lontane origini?». I Consorzi del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano utilizzano l’immagine delle abbazie benedettine e cistercensi per raccontare la loro storia, forse (o senza forse) anche per fare marketing, contando sul pregiudizio positivo che il consumatore ha nei confronti del monachesimo. Sgranocchio le mie scaglie di Parmigiano con ancora maggiore soddisfazione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *