Arriviamo sulla riviera del Conero in agosto, non vediamo l’ora di tuffarci in mare … e il primo giorno di vacanza piove! Per la spiaggia dobbiamo attendere il ritorno del bel tempo, non corriamo però il rischio di annoiarci: le Marche sono una Regione ricca di attrattive di ogni tipo, da un punto di vista naturalistico, storico, artistico, religioso. E anche i suoi vini sono davvero gradevoli. Non c’è solo il ben noto Verdicchio, apprezziamo da tempo il Lacrima di Morro d’Alba, vitigno particolare dal quale si produce un vino fruttato e molto interessante. Prende il nome dalla goccia che scende dal grappolo, simile appunto ad una lacrima, quando l’uva è giunta alla sua piena maturazione. La zona di produzione è vicina al Conero e quindi al volo consultiamo un dépliant, bastano un paio di telefonate e prendiamo appuntamento per le degustazioni.

Con la nostra automobile percorriamo dolci colline ricoperte di vigne, che ammiriamo da crinali molto suggestivi. La prima tappa è nella storica azienda Mancinelli: con grande sorpresa veniamo ricevuti da Stefano Mancinelli in persona, colui che può essere considerato uno dei grandi artefici del rilancio di questo vino. Siamo onorati di essere accompagnati da lui nella degustazione e rimaniamo stupiti dalla sua cortese disponibilità e dal tanto tempo che ci dedica continuando a stappare bottiglie, scegliendo con cura il bicchiere da degustazione, raccontandoci nel dettaglio il vitigno e le sue caratteristiche ma anche la storia della sua vita, la sfida che ha raccolto, le luci ed ombre del suo lavoro, le fatiche e le soddisfazioni per avere fatto da locomotiva, convincendo i suoi colleghi viticoltori di Morro d’Alba a produrre Lacrima in purezza, per esaltare le caratteristiche uniche di questo vitigno. Grazie alla tenacia di Stefano Mancinelli, che ha creduto fermamente nel prodotto, oggi possiamo gustare questo vino così particolare e davvero meritevole di essere conosciuto. E grazie anche ai 15 viticoltori che coltivano questo vitigno, lo lavorano nelle loro cantine presenti sul territorio ed animano il Gruppo dei Produttori Lacrima di Morro, che si è dotato di un Marchio che li identifica. Sorge spontanea una similitudine con il Ruché, sia per il gusto sia per la storia che ha alle spalle (se vuoi saperne di più sul Ruché leggi qui).

Riprendiamo l’automobile per raggiungere la seconda tappa del nostro tour, e intanto riflettiamo sulla ricchezza dell’Italia, la sua straordinaria biodiversità, le tante opportunità turistiche che offre ogni sua Regione, che se abilmente sfruttate da un marketing territoriale intelligente possono portare tanti vantaggi, garantendo anche il rispetto del territorio, la cura dell’ambiente, la valorizzazione della bellezza di questi paesaggi, grazie a persone come Stefano Mancinelli che lavorano con passione e competenza. Dispiace però ascoltare un così grande appassionato della viticoltura e della sua terra esprimere amarezza per l’enorme carico di adempimenti burocratici e formali del tutto sproporzionato e tale da mettere i bastoni tra le ruote a chi vorrebbe dedicare la gran parte del proprio tempo a cose decisamente più utili e interessanti.

In pochi minuti arriviamo al Resort Filodivino, che si erge in cima ad una collina ricoperta da filari. Anche in questo caso l’incontro è con una persona che ha molto da dire: l’imprenditore tessile milanese Alberto Gandolfi, che nel 2013 vende l’azienda, con la moglie Alida trova a Morro d’Alba un casale diroccato circondato da vigneti in gran parte abbandonati, lo trasforma in un resort che trasmette pace solo a guardarlo, si prende cura delle vigne e avvia la produzione del vino, costruendo una cantina molto moderna ma che si inserisce nel paesaggio con armonia e discrezione. La bellissima sala degustazione, con la sua grande vetrata, è il luogo adatto per conoscere i vini dell’azienda ma diventa il racconto di un progetto coraggioso, dell’innamorarsi di un luogo, del desiderio di costruire qualcosa di importante per sé stessi, per ritrovare passione e entusiasmo ma anche per far stare bene gli altri.


Le anfore che troneggiano in cantina sono simbolo dell’impegno di un vinificatore che cerca il futuro andando alla riscoperta di metodi antichi, di un legame con il genius loci e con la storia che ci precede. Il nome del resort, suggerito dalla precedente attività di Alberto Gandolfi nel settore tessile, è davvero simbolo di un filo che lega passato e presente, che unisce chi ha realizzato il progetto e chi visitando quel luogo vi trova pace, benessere e prodotti di qualità.
Siamo andati alla ricerca di vini e in realtà abbiamo trovato esperienze di una umanità intensa e appassionata. Siamo stati accolti con simpatia e professionalità e le degustazioni sono state incontri non solo con alcuni vini ma soprattutto con le persone che li producono, con la loro storia, le loro aspirazioni, i loro sogni. E sono stati incontri davvero significativi. Mi convinco sempre più che il contatto con la vigna rende l’uomo più profondo, più sensibile, più appassionato nei confronti della vita.