Siamo di fronte ad un santo molto venerato e conosciuto. La devozione popolare gli attribuisce tanti aneddoti e miracoli, ma sicuramente una è la storia più nota. Martino era un soldato vissuto nel IV secolo. Un giorno incontra sul suo cammino un povero infreddolito e impietosito alla sua vista taglia con la spada il suo caldo e prezioso mantello che indossava, per donarne la metà al povero. All’istante il sole inizia a scaldare come se fosse estate, e da allora chiamiamo proprio “estate di San Martino” le giornate tiepide delle quali a volte si può godere in corrispondenza dell’11 novembre, giorno della sua ricorrenza.
Martino si converte, abbandona la carriera militare, si ritira in un eremo per dedicarsi alla vita contemplativa, ma la sua fama di santità spinge la Chiesa a proclamarlo vescovo di Tours. Lui non ne vuole sapere di lasciare la pace della sua vita religiosa, fugge e si nasconde in un recinto di oche. Queste però si mettono a starnazzare, svelando il suo nascondiglio, ed è così costretto ad accettare la carica. Muore nel 397 d. C. e viene sepolto a Tours, dove oggi sorge una grande basilica, meta da allora di incessanti pellegrinaggi. Non si contano le chiese a lui dedicate, i borghi e villaggi che portano il suo nome. E’ patrono di vendemmiatori e viticoltori, mendicanti e militari.

Ci sono anche tante tradizioni culinarie legate a questo santo. Proprio l’aneddoto delle oche ha diffuso l’usanza di cucinare l’oca in occasione della sua festa. L’11 novembre è la data che segna la fine dei lavori agricoli, la vendemmia è stata fatta, in cantina le botti sono piene, il grano è stato seminato, il vino novello è pronto per essere assaggiato. Infatti il proverbio dice: “A San Martino ogni mosto diventa vino”. E’ il momento per una bella tavolata con parenti e amici per festeggiare la fine della stagione agricola, in allegra convivialità. Non è un caso se la poesia del Carducci, dedicata alle atmosfere dell’autunno, si chiama proprio San Martino: la natura è avvolta dalla nebbia, il mare è in tempesta per il maestrale, gli uccelli che migrano trasmettono un po’ di malinconia, ma ci si consola grazie al ribollir dei tini, all’aspro odor dei vini che rallegrano l’animo. «Gira sui ceppi accesi / lo spiedo scoppiettando». Chissà, magari c’è una bell’oca su quello spiedo. L’inverno è alle porte ma nel calore della casa una bella tavola apparecchiata, un pranzo invitante accompagnato da un buon bicchiere di rosso aiutano a vincere il freddo e la malinconia. L’importante è condividere: sull’esempio di San Martino, dividiamo quello che abbiamo con chi ci sta vicino, con i poveri, con coloro che magari non vivono una povertà materiale ma sono davvero bisognosi del calore dell’amicizia, della vicinanza di un amico, di una tavola che riempia il cuore di speranza.
