Il latte fresco: natura o cultura?

Il gesto è naturale e per molti quasi quotidiano: si apre il frigorifero, si prende il latte e si fa colazione. C’è chi ci inzuppa i biscotti, chi lo prende con i cereali. Semplice, no? Eppure, fino a non molti decenni fa il latte era un prodotto difficile da gestire per ragioni di ordine igienico e per la mancanza dei frigoriferi. Per questo si è diffusa così tanto la lavorazione del formaggio, che consente di non sprecare tutto quel ben di Dio che ci arriva dagli animali da allevamento. Molti monasteri sono stati luoghi chiave per questa produzione tanto che lo scrittore Léo Moulin si chiede: «Sarebbe possibile citare qualche formaggio di pregio che non sia monastico nelle sue lontane origini?». Il Grana Padano ad esempio nasce nell’abbazia di Chiaravalle Milanese. Può darsi che Moulin si sia fatto prendere un po’ troppo dall’entusiasmo, ma in effetti la cultura monastica ha favorito in modo decisivo la diffusione di questo alimento, essendo un cibo “di magro”, quindi adatto ai giorni di astinenza dalle carni.

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Lettera a chi ha gettato una lattina in una vigna

Non so chi sei, ma hai lasciato traccia del tuo passaggio.

In una splendida domenica di sole di fine ottobre, Andrea ed io percorriamo in auto una strada sterrata che entra nella proprietà di una nota casa vitivinicola piemontese. Non c’è muro di cinta, non c’è cancellata, alcuni cartelli ci indicano che siamo in una proprietà privata, ma percorriamo quel viale liberamente, sentendoci accolti. Non c’è anima viva intorno a noi, solo filari a perdita d’occhio, in lontananza borghi e castelli e una chiesetta di campagna. Il panorama è mozzafiato e i colori dell’autunno sono spettacolari. Lungo la via, si apre uno slargo e ne approfittiamo per fermarci, godere di quella bellezza e fare qualche foto.

Ed ecco la sorpresa: sotto un filare, una lattina di birra, che tu hai gettato via. Continua a leggere