Gusto e creatività nella conservazione dei cibi

La Regina Cristina di Svezia suscita grande scandalo in patria quando nel 1654 si converte al cattolicesimo. Lascia il trono e la sua terra per recarsi a Roma e nel viaggio verso la Città eterna viene ospitata a Mantova dai Gonzaga, che la accolgono con tutti gli onori. Per il cuoco di corte, Bartolomeo Stefani, è un’emozione poter allestire il banchetto per un’ospite così prestigiosa e nel suo libro di ricette intitolato L’arte di ben cucinare, arrivato fino a noi, descrive il menu di quella serata indimenticabile. Ne parla con orgoglio, come l’apice della sua carriera di chef. Tra le portate, vi sono le fragole lavate con vino bianco e servite con lo zucchero. In sé nulla di eclatante, direte voi, se non fosse per la stagione: era il 27 novembre. Possiamo immaginare lo stupore dei commensali nel vedere servita quella frutta primaverile in una stagione che già volgeva verso l’inverno. Nel mio piccolo, ricordo la meraviglia quando ad una cena prenatalizia hanno portato in tavola un’alzata di frutta con delle splendide ciliegie.

Oggi si tende ad enfatizzare il dovere, quasi etico, di rispettare la stagionalità degli alimenti, armonizzando i nostri ritmi di vita con quelli della natura. Bisogna però ricordare che il controllo e la modifica a proprio vantaggio delle leggi naturali non è sempre qualcosa di negativo, in ben precise circostanze è anzi segno di progresso. Altrimenti saremmo ancora ai tempi della preistoria, quando gli uomini erano solo raccoglitori e cacciatori e non erano ancora diventati coltivatori ed allevatori. I contadini hanno da sempre escogitato strategie per riuscire a mettere sempre qualcosa in tavola, in particolare nei mesi invernali quando la natura ci offre ben poco.

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La merenda sinoira: tradizione e cultura del cibo

Vi aspettiamo alle cinque, per una merenda sinoira!”. Riceviamo quest’invito e facciamo la conoscenza con una bella tradizione piemontese, che affonda le sue radici nella vita contadina. Non chiamiamola apericena o happy hour, per carità, riti modaioli di chi dopo il lavoro non ha voglia di andare a casa a cucinare e in un bar affollato mangia cibi presi da un buffet, con un piattino di plastica in mano.

La merenda sinoira ha ben altro valore culturale e storico. Il Piemonte non è solo quello dei Savoia, dei castelli nobiliari e degli eleganti caffè liberty del centro di Torino, c’è tutta una Regione agricola dove si coltivano le vigne e i noccioli, si alleva la preziosa mucca piemontese, la fassona, si raccolgono le castagne, si cercano tartufi e le rane gracidano nelle risaie dove un tempo faticavano le mondine. Ci sono tante eccellenze del territorio che sono frutto di un duro lavoro nei campi. Ma da dove nasce questa merenda sinoira? Continua a leggere

Polenta: identità e gusto di un piatto molto versatile

Qualche anno fa, in occasione di una gita a Bergamo Alta, abbiamo cenato in un grazioso ristorante. Antipasto di salumi, accompagnati da crostini di polenta; polenta nella prima portata e anche nella seconda. Per finire, un dolce a base di farina di mais e si capisce perché i meridionali definiscono quelli del Nord polentoni!

E’una pietanza che contraddistingue decisamente l’identità culturale e gastronomica della Pianura Padana e delle valli del Nord, come la pizza a Napoli e la mortadella a Bologna, eppure è solo dal Settecento che si è diffusa così tanto, soprattutto tra le popolazioni contadine. Ma andiamo con ordine. Continua a leggere

Verdure e verdurine: da piatti poveri a regine della tavola

Nella cucina contadina, quella che veniva definita povera, non mancavano quasi mai la verdura e i legumi, grazie alla coltivazione dell’orto. Insalata e pomodori, zucche e zucchine, coste e peperoni, fagioli e piselli erano il piatto forte della tavola, in gustose minestre e zuppe nutrienti. O mangi questa minestra … o salti dalla finestra. Grazie alle tecniche di conservazione, anche fuori stagione si consumavano i legumi secchi e le verdure sott’olio e sott’aceto.

Essendo considerati cibi poveri, non erano certo i protagonisti delle tavole dei nobili, che preferivano stupire i loro ospiti con carni, selvaggina, crostacei, serviti in elaborate preparazioni che erano una gioia per la vista prima ancora che per il palato. Continua a leggere