Nella mia ben fornita biblioteca di storia e cultura della tavola non mancano naturalmente i libri di ricette. Tra quelli storici, accanto all’Artusi c’è Il Cucchiaio d’Argento, che nel frontespizio reca come sottotitolo: Il libro fondamentale della cucina italiana. Possiedo la terza edizione, quella del giugno 1951. Mio figlio e mia nuora quando si sono sposati hanno ricevuto in dono la nuovissima edizione totalmente riveduta e trasformata rispetto alle prime e sfogliandola mi sono resa conto di quanti cambiamenti ci siano stati nella cucina italiana in questi 70 anni. In particolare mi ha fatto sorridere scoprire che, nella nuova edizione, è totalmente sparito un capitolo che è invece presente nella mia: Contro l’eccessiva magrezza. Ecco come è introdotto quel capitolo: «Le persone troppo magre non hanno resistenza sufficiente nel loro lavoro e spesso sono brusche ed irritabili perché i loro nervi non sono sufficientemente protetti: donde la necessità di rimpolpare ragionevolmente un corpo sfornito di grasso. La magrezza eccessiva dimostra sempre che nell’organismo c’è qualche cosa che non funziona a dovere». A seguire, le ricette per un bel regime ingrassante.
A parte il fatto che credo di avere decisamente sbagliato epoca, è evidente quanto siano cambiati i criteri di giudizio. Oggi siamo bombardati da messaggi terroristici sul numero di calorie presenti nel piatto, molti sono ossessionati dal peso, le riviste femminili elargiscono consigli dietetici e anche in occasione del Natale e della Pasqua ecco arrivare in TV la nutrizionista guastafeste con le sue raccomandazioni. Giustissimo essere attenti alla salute a tavola, l’obesità è un grave rischio da evitare ma a mio parere bisognerebbe anche fare molta attenzione quando si trasmettono messaggi culturali che potrebbero spingere verso l’anoressia e la bulimia, disturbi dell’alimentazione altrettanto gravi.
Un tempo definire grassa una tavola equivaleva a definirla felice. Qualificare Bologna come “la grassa” non era un insulto, ma un complimento. Matteo Bandello nel Cinquecento presenta Milano come «la più opulenta e abbondante città d’Italia, quella ove più si attende a fare che la tavola sia grassa e ben fornita». L’uomo grasso era invidiato, simbolo di ricchezza e prosperità. Il grande appetito non era ritenuto sconveniente, anzi.
Dobbiamo ricordare che l’elogio del grasso aveva un suo fondamento culturale e storico in un mondo dove c’era lo spettro della fame: la fame che attanaglia, quella che c’è o quella che si teme possa arrivare, quella che viene combattuta con il lavoro, con il denaro che permette di acquistare quello che è necessario, con la capacità di conservare sapientemente quanto si raccoglie, con la destrezza di saper mercanteggiare con i paesi vicini. Non a caso l’utopia è quella del paese di Cuccagna, il mito di un paese dove ci sono montagne di gnocchi, le vigne si legano con le salsicce e ci sono muraglioni di carni arrostite. La letteratura e la fantasia delle fiabe hanno sempre raccontato dell’opulenza grassa, mai della frugalità lieta. Non è giusto credere però che non si pensasse alla salute: fin dai tempi antichi si tenevano in grande considerazione i consigli di Ippocrate e Galeno, che incentravano la loro medicina anche sul concetto di prevenzione attraverso una tavola sana ed equilibrata, e in molti ricettari del passato si trovano capitoli dedicati alla cucina dei malati e dei convalescenti.
In ogni caso, come si può vedere anche da Il Cucchiaio d’Argento, fino a non molti decenni fa una tavola ricca e grassa era fonte di gioia e soddisfazione e la magrezza era motivo di preoccupazione. La prima edizione del libro è del 1950, alle spalle c’erano gli anni delle due Guerre Mondiali, dei razionamenti alimentari. Non sembra vero di poter finalmente riempire lo stomaco e la dispensa, anche grazie al boom economico che ha portato nuovo benessere. Arriva abbondanza di cibo dall’industria alimentare, arrivano merendine e bevande americane, ci saranno effettivamente anni di consumi privi di coerenza, accompagnati ad una vita sempre più sedentaria, e oggi è sicuramente opportuno aprire una riflessione sulla salute a tavola, magari rivalutando la nostra tradizione culinaria, quella della dieta mediterranea.
Si è passati però da un eccesso all’altro: per i media l’icona di bellezza femminile non è più la maggiorata ma la modella magrissima. La dietetica è entrata nelle case degli italiani, ci sono esperti ma anche ciarlatani, ci sono giuste raccomandazioni ma anche eccessive manie. Cosa ne penso io? Beh, se siete lettori del mio blog già lo sapete. Faccio mia la sapienza degli antichi: “in medio stat virtus”, la virtù sta nel giusto mezzo. Secondo me l’ottima gastronomia, la salute e la bellezza possono andare a braccetto, la bontà che soddisfa la gola e la qualità dell’alimentazione e della forma fisica possono (e devono) stare insieme. E a certe ragazzine ossessionate dal peso, vorrei ricordare le parole di Sophia Loren: «Tutto ciò che vedete, lo devo agli spaghetti».
[…] Grasso o magro? Tra eccessi e manie, cerchiamo un sano equilibrio […]
"Mi piace""Mi piace"