Vi presento un passo tratto dal libro scritto da Marco Niada, giornalista economico al Sole 24 Ore, intitolato in modo chiaro e illuminante: Il tempo breve. Nell’era della frenesia: la fine della memoria e la morte dell’attenzione (Garzanti, 2010). E’ un’impietosa descrizione dei rischi che sta correndo la nostra società, che ci costringe a ritmi di lavoro sempre più accelerati, bombardati da notifiche e informazioni da internet, e-mail e social network, senza un tempo adeguato per riflettere e per metabolizzare quello che ci viene comunicato. Anche il momento del pasto ne risente: mangiare diventa solo nutrirsi e nel minor tempo possibile. Addio bellezza della convivialità. Con tristi conseguenze non solo per la salute ma anche per le relazioni umane. Ecco come descrive Niada i pasti nella City londinese. Amici del blog, corriamo ai ripari! Teniamo alta la bandiera della buona cucina e del tempo che si trascorre a tavola con i nostri familiari e gli amici!
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All’inizio della mia attività di corrispondente da Londra per “Il Sole 24 Ore”, nei primi anni Novanta, divenni allergico al lievito a forza di mangiare sandwich per ridurre la durata della pausa pranzo e fare spazio alla lettura di un numero maggiore di notizie delle agenzie di stampa che venivano sfornate a ripetizione. Sempre più spesso il pane confezionato è a lievitazione rapida, con sostanze chimiche che facilmente portano a intolleranze alimentari. La mia ricerca di velocità nel lavoro si aggiungeva insomma all’accelerazione della panificazione volta a massimizzare la produzione.
Oggi questa fretta è sempre più generalizzata: in capitali frenetiche come Londra o New York, sono legioni le persone che consumano il lunch in piedi come i cavalli, al fast food o in metropolitana. Quando va meglio, sgranocchiano un frettoloso spuntino al tavolo di lavoro, magari concedendosi il lusso di una dose di pasta fredda o un’insalata mista in una confezione di plastica trasparente, come si usa in tanti uffici della City.
A Canary Wharf, il quartiere futuristico della finanza costruito vent’anni fa nella East End di Londra, si può osservare questo modo di vivere in tutta la sua massificata follia: quando scocca la pausa pranzo, fiumane di giovani e ricchi banchieri si mettono in coda come operai alla mensa della fabbrica per comprare un cartoccetto di cibo in catene di ristorazione come Pret a Manger, Eat o Starbucks che poi consumeranno in piedi come cavalli o appollaiati sullo sgabello del bar o riporteranno in fretta al tavolo di lavoro dove mangeranno come cagnolini nella cuccia. La gente non è più in grado di staccare e pare in preda ad un incantesimo: continua a parlare al telefono o a scrivere email mentre consuma questo simil-pasto per guadagnare tempo su altro tempo.
L’accelerazione dell’esistenza che stiamo sperimentando in vari gradi inizia a manifestare aspetti preoccupanti. Mio padre è divenuto un imprenditore di successo lavorando tutta la vita dodici ore al giorno e viaggiando in continuazione in Italia e all’estero. L’uomo d’affari forse è sempre stato così, fin dall’antichità. Però quando rincasava, mio padre si concedeva un pasto completo, innaffiato da un buon vino.