Leonardo era un autentico genio, avrebbe potuto ignorare il mondo della cucina e del vino? Quest’anno ricorre il Cinquecentenario della sua morte e in tante città si moltiplicano mostre, convegni ed eventi a lui dedicati. Ci sono anche cene a tema, per ricordare la sua creatività in ambito enogastronomico.
Vi ho già parlato della Vigna di Leonardo (leggi qui) ma dalla sua biografia emergono altri episodi interessanti, che rivelano la sua eclettica personalità: ad esempio a Firenze, nei primi anni da apprendista, lo troviamo a fare il cameriere presso la Taverna delle Tre Lumache, vicino a Ponte Vecchio, per arrotondare lo scarno compenso. Ad un certo punto viene anche promosso a cuoco ma, a causa di una rissa molto violenta scoppiata tra gli avventori, la taverna prende fuoco. Leonardo si è però evidentemente appassionato a quel mestiere, visto che convince Sandro Botticelli ad entrare in società e aprire insieme un locale. Si chiama Taverna delle Tre Rane, ma non ha molto successo, pare a causa dell’eccessiva stranezza dei piatti. Leonardo come cuoco fa sperimentazioni un po’ azzardate, d’altronde è un genio creativo, non può cucinare ribollita e pappa col pomodoro come tutti gli altri cuochi.
Ecco alcune sue ricette arrivate fino a noi: l’Acquarosa, preparata con acqua, limone, zucchero e estratto di rosa; la zuppa di agrumi, mescolando il succo con l’uovo sbattuto e il brodo; la cipolla lessata e adagiata su una fettina di formaggio di bufala e sormontata da un’oliva nera; tre fettine di carota cruda scolpite a forma di cavalluccio marino, con sopra un cappero e una goccia di pasta d’acciughe; tranci di anguilla in agrodolce, marinati in succo d’arancia e melograno. Se fosse nato ai nostri tempi, avrebbe guadagnato 3 Stelle Michelin e sarebbe diventato giudice a MasterChef, ma nella Firenze del Quattrocento si vede costretto a chiudere. La sua carriera ha nel frattempo preso ben altre strade, ma il nostro artista ed inventore continuerà ad occuparsi di fornelli e ricette.
Progetta strumenti per la cucina: un girarrosto, una specie di frullatore, un macinapepe, un affettauova e dei cavatappi, tutto documentato nel famoso Codice Atlantico conservato a Milano nella Biblioteca Ambrosiana, dove troviamo anche appunti sull’utilizzo delle spezie, come curcuma, aloe, zafferano, fiori di papavero, fiordalisi, ginestre, olio di semenza di senape e olio di lino. Scrive consigli su come deve lavorare un bravo cuoco, compreso il suggerimento di un sottofondo musicale, perché grazie ad esso si lavora meglio.
Un giorno annota: «Ogni volta che si mette una pentola sul fuoco, è necessario coprirla con alcuni teli umidi di lino, che devono essere cambiati spesso per evitare che il fumo sia assorbito dal contenuto della pentola (e ne alteri il sapore). È così da centinaia di anni. Ora io mi chiedo, non si potrebbe inventare un coperchio permanente, indistruttibile come la pentola stessa, sempre reperibile, che non abbia bisogno di essere sostituito in continuazione? Farò un progetto». Ebbene sì: fu lui ad inventare il coperchio!
Ludovico il Moro, quello che gli regalò la Vigna a Milano, lo definì “maestro di cerimonie e banchetti”. I biografi raccontano che nella fase progettuale dell’’Ultima Cena sperimentò decine di piatti, prima di decidere quali raffigurare nell’affresco. (Ogni scusa è buona per cucinare e mangiare.)
La sua passione per il vino viene certamente dalla sua storia familiare: figlio di un viticoltore toscano, è cresciuto in quella splendida campagna, tra i filari delle vigne e le botti nelle cantine. In molti suoi testi parla del valore del vino, connubio tra la terra e il lavoro dell’uomo, espressione di bellezza, bontà e precisione tecnica. Nella sua lista della spesa il vino non manca mai e lo beve quotidianamente con la giusta moderazione. Diventa un agronomo ed enologo geniale, che darà istruzioni e consigli innovativi per la vigna e la cantina al suo fattore che coltiva un terreno a Fiesole. E’ arrivata fino a noi una lettera dove spiega con precisione come ottenere un vino perfetto: «Se seguirete i miei insegnamenti berrete un vino eccellente.».
Oggi i suoi consigli sono stati ripresi da un’azienda vinicola, la Leonardo da Vinci Spa, che applica appunto il “metodo Leonardo”. Per saperne di più leggete qui
Eh sì, un grande genio non può ignorare il mondo enogastronomico. Ecco una sua perla di saggezza: «Il vino è bono, perciò l’acqua in tavola avanza».