Di recente mi è capitato di partecipare ad una degustazione di vini, organizzata nell’ambito di un grande evento che si è tenuto nella mia città, promosso da un’associazione leader nella diffusione di una cultura enogastronomica di qualità. Non potete immaginare la inaspettata e cocente delusione che ho provato: sono stati “serviti” 15 vini in 45 minuti. Fate un po’ il conto di quanti secondi sono stati dedicati ad ogni vino: appena il tempo di ascoltare una breve presentazione del vino, il nome dell’azienda produttrice, le caratteristiche principali del prodotto, e mentre stavamo ancora guardando in controluce il colore del prezioso nettare … già si passava al vino successivo. E così via, come in una catena di montaggio a ciclo continuo!
Mi chiedo ancora adesso quale fosse l’obiettivo di questo tour de force che ha causato un drammatico spreco di bottiglie, senza avere dato il tempo minimo di assaporare nulla. Io non sono un’esperta, ma nemmeno gli addetti ai lavori sarebbero stati in grado di fare un’adeguata analisi di quanto veniva servito.
Come ormai avrete capito, mi piacciono gli itinerari eno-gastronomici. Andrea ed io andiamo volentieri alla ricerca di visite alle cantine che si concludono con gli assaggi dei vini prodotti e ci siamo trovati a vivere esperienze molto diverse tra di loro. In alcune occasioni siamo rimasti incantati, altre volte ci siamo divertiti, altre ancora annoiati: insomma ogni visita racchiude punti di forza ma talvolta anche punti di debolezza. Molto dipende ovviamente dalle capacità comunicative di chi gestisce questi momenti: come in tutte le presentazioni pubbliche (di un libro o di una mostra d’arte o di un castello), chi parla deve avere competenza in materia, ma nello stesso tempo deve anche saper comunicare in modo coinvolgente, appassionato, senza limitarsi ad una fredda descrizione tecnica. Lo stesso vale per il mondo del vino: è certamente importante evidenziare a chi degusta le proprietà visive, olfattive e gustative del vino che è stato loro servito, ma a volte si esagera con i tecnicismi e il risultato è quello di un’esperienza arida.
Ogni vino racchiude in sé un tesoro di piacere, di sensazioni, di suggestioni. Chi deve stilare classifiche o chi lavora a livello professionale nel settore dell’enologia partecipa ad eventi durante i quali si degustano decine e decine di bottiglie: guarda, annusa, assapora le sensazioni gustative e poi sputa. Ma a parte questi contesti per addetti ai lavori, quando la degustazione è rivolta ad un pubblico di amatori dovrebbe essere organizzata diversamente.
Ho letto con profonda soddisfazione quello che racconta il food writer Luciano Ferraro sulle pagine di Cook, il nuovo inserto del Corriere della Sera dedicato al mondo del cibo: «Il modo migliore per gustare un buon bicchiere? Davanti ad un piatto, senza troppi tecnicismi. Per creare quella che il critico del New York Times Eric Asimov ha definito una “gratificante atmosfera di piacere”. Il piacere di conoscere quello che si beve, le storie delle persone che hanno fatto nascere un vino, sono superiori alle conoscenze tecniche sui tannini, malolattica e tempi di fermentazione». Tra l’altro, non può nemmeno essere trascurato il fatto che: «Il vino si evolve da quando viene stappato. E, soprattutto con bottiglie con più anni sulle spalle, cambia gusti e profumi dall’inizio alla fine di ogni pasto.»
Ho partecipato a bellissime visite in cantine storiche, che si sono poi concluse con una degustazione e devo dire che quello che mi ha sempre fatto maggiormente apprezzare la degustazione del vino è stato ascoltare la storia dell’azienda e delle persone che l’hanno creata con amore e dedizione, tra successi e fatiche. Mi piace conoscere la storia di una famiglia attraversata da una grande passione (per il vino, il suo territorio, la ricerca del miglioramento continuo) che è passata di generazione in generazione, trovo affascinante scoprire i segreti di un territorio, la composizione del terreno, l’esposizione al sole e l’influsso dei venti che spirano dal mare o dalle vicine montagne; adoro ascoltare il racconto di come viene curata ogni singola pianta fino al momento, delicatissimo, in cui si deve scegliere il momento giusto della vendemmia e poi ancora i mille segreti della vinificazione. E’ un’emozione visitare cantine che sono veri gioielli di architettura. Quando poi, giunti al termine del percorso, si prende in mano il bicchiere, si scopre che dentro non c’è solo un sapore, ma tutta una storia.
Sul mio inseparabile taccuino non scrivo che ho sentito aroma di frutti rossi: è più bello prendere appunti sulla passione del vignaiolo, il profumo della vigna, l’atmosfera della cantina antica, i timori per il clima un po’ pazzo che potrebbe compromettere una stagione.
Sono fatta così. Lascio agli esperti che devono compilare le guide la degustazione tecnica. Io preferisco fare una bella visita alla cantina e poi degustare un buon vino con il giusto abbinamento di cibo, magari in un ristorante d’atmosfera, davanti ad un piatto prelibato!