L’Artusi: un libro di cucina, un successo editoriale

slider4La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” è un libro di cucina scritto alla fine dell’Ottocento da Pellegrino Artusi. Il titolo è lungo e nelle famiglie italiane è chiamato semplicemente: “L’Artusi”. E’ un classico della cucina italiana e della cultura della tavola. Cercate una ricetta tradizionale? Guardate sull’Artusi. Vi trovate a svuotare una vecchia casa di famiglia? Troverete varie edizioni dell’Artusi. Si discute su come realizzare la salsa verde? Lasciamo all’Artusi l’ultima parola.

Scritto con simpatia e leggerezza, ha avuto uno straordinario successo, che non conosce sosta: oltre novanta ristampe e nuove edizioni. Il manuale è stato tradotto in inglese, olandese, portoghese, spagnolo, tedesco e francese. Eppure la sua  pubblicazione è stata sofferta, sorte comune a molti successi editoriali, come quelli di  Agatha Christie, John Le Carrè, Scott Fitzgerald, Orwell. Anche J.K. Rowling, la creatrice di Harry Potter, si vide rifiutare il suo primo romanzo da una dozzina di editori (che ancora si stanno mangiando le mani …).

artusi-ritrattoMa andiamo con ordine: chi è Pellegrino Artusi? Nasce a Forlimpopoli, in Romagna, nel 1820. La famiglia si trasferisce a Firenze nel 1852, dove Pellegrino avvia un’attività bancaria, che porta avanti felicemente per tutta la vita, con abilità e buona sorte. Si dedica nel tempo libero allo studio della letteratura, pubblicando piccole opere di commento ad autori italiani, ma questa sua attività ha avuto poca fortuna. Vive la vita tranquilla dello scapolo nella sua bella casa di Piazza D’Azeglio, tra i suoi libri, i suoi gatti (ai quali dedicò la prima edizione del suo libro di cucina), i tanti amici e i suoi fidati cuochi: Marietta, toscana, e  Francesco, romagnolo. D’estate trascorre giorni di vacanza in Versilia.

La sua passione per la gastronomia lo porta a trascrivere nei suoi quaderni le ricette dei piatti che gusta in casa o al ristorante, nelle trattorie o in casa d’amici, che legge su riviste e libri. Le riordina per categoria e giunto all’età di 70 anni pensa che sarebbe cosa buona pubblicarle.

copartusi2Ma i primi contatti sono deludenti: fa vedere la sua opera ad un amico, professore di lettere, e il giudizio è duro: “Questo è un libro che avrà poco esito”. Allora Artusi invita a pranzo un amico editore: vedere l’applicazione pratica di quel ricettario poteva incoraggiare. L’editore mangia con gusto e soddisfazione ma alla proposta di pubblicare il ricettario la risposta è ancora più avvilente della precedente: se il libro fosse firmato da un famoso chef di allora, tale Doney, allora si potrebbe fare. La risposta dell’Artusi è secca: “Se l’avesse compilato Doney, probabilmente nessuno capirebbe nulla; mentre con questo manuale pratico basta si sappia tenere un mestolo in mano”.

Si rivolge ad una nota casa editrice di Milano, ma questa non pubblica libri di cucina. Un’altra si rende disponibile, a patto che lui rinunci ai diritti d’autore. Offeso da quelle risposte, prende la decisione di stampare a sue spese mille copie, dando l’incarico ad un bravo tipografo fiorentino. La prima edizione è del 1891 e contiene 475 ricette. Scrive sul libro il suo indirizzo di Piazza D’Azeglio, perché chi lo desidera acquistare deve scrivere all’autore, che provvede personalmente alla spedizione. Il passaparola tra amici comincia a funzionare, e le copie finiscono; si procede allora con la seconda edizione, con cento nuove ricette. Le edizioni si susseguono, una dopo l’altra, con sempre maggiore tiratura e nuove ricette, anche suggerite dai lettori. La casella della posta della sua casa è sempre piena di corrispondenza. Nel 1911, anno della sua morte, siamo alla quindicesima edizione.

edizione-con-immagineLe case editrici finalmente si accorgono del successo editoriale e si fanno avanti: il libro è nelle librerie, realizzato con grafica raffinata e con introduzioni e note critiche di letterati insigni. Come raccontavo all’inizio, oggi siamo oltre la novantesima edizione: l’ultima è della BUR, con commento e note di Alberto Capatti, storico della gastronomia italiana.

Il titolo “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene – Manuale pratico per le famiglie” contiene lo spirito dell’opera: c’è la scienza (siamo nell’Ottocento e grande era la fiducia nella scienza), c’è l’arte e il piacere (la cucina è creatività, bellezza, gusto), il tutto indirizzato alle famiglie.

L’obiettivo dell’Artusi era quello di proporre ricette gustose, ma anche di educare il lettore, con consigli di gestione economica della dispensa, di risparmio, di igiene, di corretta alimentazione, di equilibrio e temperanza. Scrive: “Non vorrei che per essermi occupato di culinaria mi gabellaste per un ghiottone o per un gran pappatore”: perché non mangiava più del necessario, evitando gli sprechi (molte ricette sono realizzate con i classici avanzi) e le stravaganze di certa cucina raffinata. Sarà per questo che tanto successo ha ottenuto tra le donne di casa, che devono mettere in tavola tutti i giorni i loro cari, con fatica e spesso con poche risorse. Non scrive per il mondo raffinato degli amanti della cucina sofisticata, un po’ snob e aristocratica, quella degli chef che già allora si facevano apprezzare da certa nobiltà e alta borghesia: Artusi scrive per le famiglie.

Le ricette sono spesso precedute da aneddoti, storie, note di cultura e tradizione, quasi un racconto romanzato, che si legge con piacere. Parla dei “campagnoli toscani” e di quelli romagnoli, che conosceva bene. Quando scrive la ricetta del Riso alla cacciatora, racconta di una gita fatta in gioventù in compagnia di un negoziante di cavalli. Giunti stanchi ed affamati ad una locanda, chiedono all’ostessa che cosa c’è da mangiare e quella propone quel piatto, avendo appena “tirato il collo a diversi polli. L’ostessa si mise all’opera ed io lì fermo ed attento a vedere come faceva a improvvisar questi risi”. Sembra di vederlo, tutto incuriosito nell’ammirare il lavoro in cucina della locandiera: è così che, di anno in anno, raccoglieva ricette su ricette, fino a giungere all’idea di pubblicarle.

bur-artusiRacconta la gastronomia italiana in tutte le sue varie sfaccettature: quella toscana, incentrata sull’uso dell’olio, e quella padana, più orientata al burro e al lardo. C’è il babà alla napoletana e il fritto alla romana. Ci si chiede se il libro sia una descrizione della realtà gastronomica italiana o se piuttosto è questo libro, presente in tutte le famiglie italiane, ad avere a poco a poco plasmato la cucina del nostro Paese; in ogni caso, tutte le regioni della penisola hanno il loro spazio. Su una cosa però Artusi non transige: utilizza sempre la lingua italiana, senza cadere nello snobismo di chi, per darsi arie, dà alle pietanze nomi francesi. Egli è convinto della grandezza della cucina italiana, che non ha bisogno di certe esterofilie. Ecco come introduce la ricetta della Zuppa sul sugo di carne: “Certi cuochi,  per darsi aria, strapazzano il frasario dei nostri poco benevoli vicini con nomi che rimbombano e non dicono nulla, quindi, secondo loro, questa che sto descrivendo, avrei dovuto chiamarla zuppa mitonneé. Se per dar nel gusto a costoro e a quei tanti che si mostrano servili alle usanze straniere, avessi infarcito il mio libro di tali esotiche e scorbutiche voci, chi sa di qual prestigio maggiore avrebbe goduto! Ma io per la dignità di noi stessi, sforzandomi a tutto potere di usare la nostra bella ed armoniosa lingua paesana, mi è piaciuto di chiamarla col suo nome semplice e naturale”.

Il libro è costellato da simpatici aforismi e commenti: “La cucina è una bricconcella: spesso e volentieri fa disperare, ma dà anche piacere, perché quelle volte, che riuscite o che avete superata una difficoltà, provate compiacimento e cantate vittoria. Amo il bello e il buono ovunque si trovino e mi ripugna di vedere straziata, come suol dirsi, la grazia di Dio”.

Minestre, sughi, carne, pesce, pasticceria e gelati, erbaggi e legumi: si trova di tutto. C’è anche un capitolo dedicato alla Cucina per gli stomachi deboli e delle Note di pranzi, con suggerimenti di menu per ogni mese dell’anno, con grande attenzione al rispetto della stagionalità dei prodotti.

Ci sono i menu per le feste; c’è anche quello per il pranzo di Natale. Lo volete sapere? Allora non perdete il prossimo post!

12 commenti su “L’Artusi: un libro di cucina, un successo editoriale

  1. […] Pellegrino Artusi, quando nel suo libro La scienza in cucina e l’arte del mangiar bene presenta la ricetta del Riso alla cacciatora, racconta di una gita fatta in gioventù in compagnia di un negoziante di cavalli. Giunti stanchi ed affamati ad una locanda, chiedono all’ostessa che cosa c’è da mangiare e quella propone appunto quel piatto, avendo appena «tirato il collo a diversi polli. L’ostessa si mise all’opera ed io lì fermo ed attento a vedere come faceva a improvvisar questi risi». Sembra di vederlo, tutto incuriosito nell’ammirare il lavoro in cucina della locandiera (Vi ricordate chi è Pellegrino Artusi? Se volete saperne di più, leggete il mio post). […]

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  2. […] l’arte di mangiar bene”, pietra miliare della cucina italiana (ne ho già parlato nel mio blog, leggete qui). Conclude la sua prefazione con queste parole: «Non vorrei però che per essermi occupato di […]

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  3. […] ma quella che vi voglio raccontare oggi trova conferma in molte tradizioni, e in particolare la troviamo nell’Artusi, gastronomo sempre ben […]

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  4. […] torniamo alla ricetta: il mitico Pellegrino Artusi, del cui libro vi ho già parlato, non descrive la Ribollita ma una “Zuppa di magro alla contadina”, a base di pane raffermo, […]

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  5. marierose ha detto:

    Grazie bellissimo…..grazie ancora e Buon Natale….

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  6. […] Ed eccoci qua con in mano il mitico Artusi, del quale vi ho raccontato la storia nell’ultimo post. […]

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  7. Serena ha detto:

    Oh si, bellissimo! Io sono stata nel ristorante che ripropone le famose ricette 🙂

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