Il vino nei cinque continenti

Vi ho già raccontato qualcosa sulla storia del vino, lunga quanto la storia dell’uomo: Noè, Dioniso, Bacco, e poi il cristianesimo, l’Eucarestia. Dovunque arriveranno i monaci e i missionari, arriverà la vite e verrà prodotto il vino, non solo in Europa ma anche negli altri continenti.

Nell’epoca della grandi scoperte geografiche, sulle navi dei conquistadores ci sono anche i  missionari, che una volta giunti nel Nuovo Mondo hanno bisogno del vino per celebrare la Messa e dunque piantano le vigne accanto alle missioni: per fare un esempio, i francescani che salgono lungo la costa dell’Oceano Pacifico, nell’attuale California, fondano alcune missioni alle quali danno il nome di San Francisco, Santa Monica, Santa Clara, san Diego, Los Angeles, nomi che a noi evocano grandi metropoli frequentate da vip di Hollywood, ma che in realtà erano i primi insediamenti cattolici di quel territorio.

Le cronache ci parlano di un francescano, Miguel Josè Serra, che nel 1760 pianta la prima vigna californiana: quel vino veniva proprio chiamato Missione. L’epoca del proibizionismo negli Stati Uniti non fermerà la produzione del vino, perché l’arcivescovo di san Francisco otterrà la licenza di vinificare, proprio per il necessario uso liturgico. Oggi il vino californiano è apprezzato in tutto il mondo e di questo bisogna ringraziare i francescani.

Il vino avrà successo anche in Messico, in Cile, in Brasile grazie ai missionari francescani e gesuiti, spagnoli e portoghesi.

Arriverà anche in Australia e Nuova Zelanda: il primo vescovo cattolico del Pacifico prese possesso della sua nuova diocesi nel 1838, si chiamava Monsignor de Pompallier, veniva da Lione e incoraggiò la viticultura in tutta la Nuova Zelanda, che si rivelò molto adatta alla produzione di ottimi vini. E’ fuori di dubbio che vi sia una “matrice cattolica” nella espansione della viticoltura: questo è dovuto anche al fatto che nel protestantesimo domini una mentalità proibizionistica e che la cultura del Nord Europa prediliga comunque la birra.

La stessa dinamica può essere riscontrata in Asia: nel 1549 San Francesco Saverio arriva in Giappone e al governatore del luogo porta vari regali, tra i quali una bottiglia di vino portoghese. Quando nel XVII secolo cominciano le dure persecuzioni contro i cristiani, vengono sradicati tutti gli elementi che vengono collegati ad essi. In base ad un’ordinanza dello shogun di Nagasaki del 1640 «Tutti gli alimenti quali la carne, il lardo, il vino, l’olio d’oliva e altri che i cristiani sono soliti consumare, non possono essere venduti, donati, scambiati».

Anche in Cina il vino arriva con i missionari, che piantano le vigne per uso liturgico. Il vino ha un buon successo, anche perché ci sono regioni in Cina con clima molto favorevole. Con la presa del potere da parte di Mao, molte vigne vengono abbandonate perché per l’ideologia comunista il vino è visto come simbolo dell’Occidente borghese.

Insomma, per semplificare (ma neanche troppo): dove c’è cultura cristiana c’è il vino, dove il cristianesimo viene proibito e perseguitato, il vino scompare (pensiamo anche al divieto di bere il vino da parte dell’islam). Se da qualche parte del mondo ci sono vigne e si produce il vino, vuol dire che in quella regione sono arrivati i cattolici.

4 commenti su “Il vino nei cinque continenti

  1. […] continenti, la prima cosa che facevano i religiosi era seminare il grano e piantare una vigna. (Leggete qui cosa vi ho già raccontato a questo […]

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  2. marierose ha detto:

    Verissimo…..grazie.

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