Mettiamo insieme, come in un sofisticato blend, vari elementi: un vino superbo, una coppia di coniugi che sono esempio di vita cristiana, la bellezza delle Langhe e il dramma della Vandea, la vita dei palazzi nobiliari e le sfide sociali dell’Ottocento. Non c’è male come assemblaggio, ne risulta una storia appassionante ed anche edificante. E’ la storia dei Marchesi di Barolo. Ora ve la racconto.
Barolo è una località delle Langhe e appena si pronuncia quel nome il pensiero corre subito al vino che viene definito “re dei vini e vino dei re”. Parliamo di un prodotto d’eccellenza, fiore all’occhiello nella produzione italiana, che è anche detto “vino dei re” perché la sua storia ha effettivamente a che fare con imperatori, sovrani, nobiluomini e nobildonne.
E’ prodotto da uve di Nebbiolo, che proprio intorno al paese di Barolo assumono caratteristiche molto particolari, grazie all’ottima esposizione delle colline che proteggono le vigne dalle montagne, e al terreno ricco di sali minerali. Magia della viticoltura: il medesimo vitigno, piantato in terreni diversi, darà vini ben differenti tra loro. Il Barolo veniva prodotto già da lungo tempo ma a migliorarne la qualità e a decretarne il successo internazionale hanno dato un decisivo impulso due coniugi, Carlo Tancredi Falletti di Barolo e Giulia Colbert, splendido modello di sposi cristiani, uniti non solo dal loro amore ma anche dalla passione per le opere di bene e per l’impegno sociale (oltre che dalla passione per il buon vino, che in un matrimonio non guasta mai, anzi).
Giulia è francese, vandeana per la precisione. La sua famiglia subisce la violenza che si abbatte su quella regione ai tempi della Rivoluzione Francese. I giacobini ghigliottinano la sua nonna paterna, una zia ed altri parenti, tragedie che resteranno per sempre impresse nella memoria di Giulia. I beni dei Colbert vengono confiscati e l’intera famiglia fugge dalla Francia perché bersaglio delle ire politiche. Guardiacaccia del marchese Colbert era un famoso capo vandeano, Stofflet.
Tornata in Francia dopo qualche anno, quando le acque si sono un po’ calmate, diviene damigella di corte di Napoleone, la stessa corte che frequentava il piemontese Carlo Tancredi Falletti di Barolo. Il loro matrimonio, combinato per interessi politici, sarà un grande matrimonio d’amore. Le biografie descrivono lei come una donna passionale, emotiva ma anche determinata e decisa, lui al contrario era più riflessivo e pacato. Scoprono ben presto di avere in comune una grande sensibilità e generosità sociale, oltre ad una fede religiosa solida.
Vanno a vivere in Italia, a Torino, trascorrendo però parte dell’anno nel castello di Barolo, nelle Langhe. Giulia è un’appassionata di vino e ne segue con passione la produzione: nota però che dalle loro cantine esce un vino leggero, poco strutturato. La Marchesa, che intuisce le potenzialità straordinarie di quel vitigno, si convince che si può fare di meglio e chiama i più famosi enologi del tempo per avere la loro consulenza. Grazie al suo impegno, riesce a valorizzare quelle uve e il risultato è quello che oggi possiamo apprezzare, quando stappiamo e degustiamo una bella bottiglia di Barolo.
Non hanno avuto figli ma si impegnano nelle opere caritatevoli nei confronti dei poveri, degli orfani, dei malati, dei carcerati, mettendo in piedi opere pie molto all’avanguardia per quegli anni, con creatività ed intelligenza. Siamo nella Torino della prima industrializzazione, segnata dall’immigrazione di massa.
Tante sono le problematiche da affrontare e non a caso proprio in quella città i grandi santi sociali realizzeranno opere eccezionali: san Giovanni Bosco, san Giuseppe Cottolengo, san Giuseppe Cafasso, il beato Francesco Faà di Bruno. Giulia diverrà una benefattrice e collaboratrice di don Bosco, poiché aveva in comune con lui una grande attenzione e sensibilità verso i giovani e la loro educazione.
Tancredi di Barolo viene eletto sindaco di Torino e dimostrerà grandi capacità di amministratore, con attenzione alla promozione umana e all’aiuto verso i più bisognosi, all’istruzione e all’educazione della gioventù. Per avere una città più funzionale e più salubre, promuove grandi opere urbane: giardini, fontane con acqua potabile, illuminazione cittadina.
Di giorno a palazzo Barolo a Torino bussano i poveri, che sanno di poter trovare aiuto e conforto; la sera quelle stesse sale i coniugi accolgono l’élite di Torino a livello culturale, economico, politico: il conte di Cavour, i marchesi di Saluzzo; gli ambasciatori di Francia, Inghilterra, Austria; il Conte Solaro de la Margherita, Lamartine, de Maistre. La Marchesa discute con tutti di politica, e si scontrerà spesso con alcuni di loro, in particolare con Cavour. Con quest’ultimo ha però in comune la passione per il Barolo e i due si scambiano volentieri pareri e consigli sulla produzione vinicola; ma Giulia manifesta con fermezza la sua contrarietà di fronte alle posizioni contrarie al Papa, alla Chiesa e alla fede cattolica di quello che lei chiamava peraltro affettuosamente “le petit terrible Camille”. Le posizioni di Giulia sono note a tutti e in occasione di alcuni disordini risorgimentali il suo palazzo viene preso a sassate dagli anticlericali, viene minacciata e ingiustamente calunniata. Alcuni amici, nei momenti più duri, le consigliano di lasciare Torino, ma lei non vuole abbandonare le sue opere di carità: «Non posso portare con me le mie cinquecento figlie adottive, e debbo rimanere qui a fare loro da madre, fino alla fine. Mi vogliono tagliare la testa? Anche questa è una via per salire al cielo. Il Signore che ha dato a mia nonna il coraggio di morire sulla ghigliottina, non mi abbandonerà certamente.»
La dinastia dei Barolo finisce con Giulia e Carlo Tancredi: dopo la loro morte l’intero patrimonio, cantine comprese, è destinato all’Opera Pia Barolo, istituzione voluta dalla stessa Giulia per amministrare le ingenti fortune della famiglia e per continuare le varie iniziative a cui i marchesi avevano dato vita. Modello di vita coniugale, è in corso il loro processo di beatificazione (Papa Francesco il 5 maggio 2015 ha dichiarato Venerabile la Marchesa Giulia).
Il Barolo deve il suo successo a Tancredi e Giulia, che lo offrivano ai loro ospiti, lo regalavano agli amici nobili e alle corti di tutta Europa, decretandone il successo internazionale. Domenico Massè nel suo libro “Il paese di Barolo” racconta un simpatico aneddoto: il re Carlo Alberto chiede a Giulia come mai non gli avesse fatto ancora assaggiare il suo tanto celebrato vino. Dopo pochi giorni per le vie di Torino ecco i carri della Marchesa che portavano casse di Barolo a Palazzo Reale: la fornitura per un anno, una bottiglia al giorno. Ma le bottiglie erano 325: Giulia, da buona cattolica, aveva tolto i quaranta giorni della Quaresima!
Se volete fare un giro nelle Langhe, non perdete l’occasione per visitare il Castello Falletti di Barolo, al cui interno è stato allestito un Museo del vino molto innovativo: troverete non solo sale dedicate alla storia del vino e alle tecniche di produzione, ma vivrete l’emozione del vino nella cultura, nelle arti figurative, nel cinema, nella poesia, nella musica e nella letteratura, nei miti e nelle tradizioni. Perché il vino è anche emozione e cultura.