In Lombardia la chiamano la regiura, termine un po’ intraducibile perché usare l’espressione “padrona di casa” sarebbe riduttivo. In Emilia la chiamano rezdora, anche se qualche lettore emiliano sicuramente mi correggerebbe, facendomi notare che ne esistono tante varianti a seconda della provincia: rezdora, rasdora, arzdoura, arzdora.
Se ci fate caso, la radice è quella di rex, ma non si può nemmeno tradurre con regina della casa, nel senso un po’ dolciastro e sentimentale di questa espressione, che farebbe inorridire le femministe.
La cosa migliore è definirla come colei che regge la casa, la donna che con il suo vigore, la sua intelligenza, maestria e competenza tiene le redini della famiglia, in ogni aspetto del ménage. In effetti la donna è colei che manifesta senso pratico, grazie al quale è chiamata ad ottimizzare le risorse, essere esperta di problem solving, definire le priorità, gestire le crisi psicologiche dei figli, redigere il bilancio economico, stipulare contratti, essere attenta ai bisogni di ogni membro della famiglia, regolare i rapporti con lo Stato e gli Enti pubblici, tenere le public relations con insegnanti e condomini. D’altronde è risaputo che la donna è multitasking.
Altro che timida e riservata regina del focolare: la donna deve essere energica e vigorosa e la regiura è apprezzata proprio per questo.
Il termine popolare definiva appunto quel tipo di donna, colonna portante non solo delle famiglie ma di tutta la società. La donna nella società contadina aveva un ruolo molto importante da un punto di vista economico: non solo collaborava nel lavoro dei campi e nella trasformazione dei prodotti della terra, ma spesso era lei ad andare a vendere i prodotti al mercato e difficilmente la si poteva imbrogliare. Donna manager dell’azienda agricola di famiglia, era sempre lei che ricamava la tovaglia, che tirava fuori il servizio buono quando era giorno di festa, che cucinava i piatti della tradizione in occasione delle feste, che metteva i fiori nel vaso per fare un bel centrotavola. (Ecco cosa ho già scritto a questo proposito: “L’8 marzo, la donna e il potere di una minestra”).
La tradizione emiliana parla di rezdore che valevano oro per le loro famiglie quando erano particolarmente brave in cucina: venivano richieste da altre famiglie, anche della buona borghesia, quando c’era da preparare un pranzo di nozze o un’altra occasione solenne. Se il tortellino fatto da lei era il migliore della vallata, allora la sua fama correva di casa in casa e la cuoca veniva contesa da tutti, come i migliori catering dei grandi chef stellati di oggi. Lei si riempiva di giusto orgoglio e la sua famiglia gioiva perché oltre al compenso pattuito la madre si portava a casa gli avanzi del banchetto.
Ho molti amici e amiche in terra d’Emilia. Una di loro, madre di tre figli, nonna e affermato avvocato della sua città, mi racconta che ancora adesso prima di Natale lei e alcune sue amiche si ritrovano nella sua bella e accogliente taverna, siedono intorno al grande tavolo e fanno chili e chili di tortellini. Mentre compiono quel gesto quasi sacro di arrotolare la pasta intorno al mignolo, chiacchierano, ridono, si raccontano le loro storie, le gioie, i dolori, le preoccupazioni e le speranze. Non si rinuncia alle ricette della tradizione e intanto si coltivano relazioni, si intrecciano legami, si fa comunità.
L’uomo, anche il più grande chef, non sa fare tutto questo, potrà anche preparare un piatto di assoluta eccellenza, ma gli mancherà fatalmente questa spiccata ed unica sensibilità umana.
Solo la donna è multitasking, solo la donna è capace di essere regiura.
[…] Parma si fa la “Tortellata di san Giovanni”: la rezdora (non sapete chi è? Leggete qui!) prepara il piatto tipico condito con burro e parmigiano. Ad Imperia si cucina lo stoccafisso […]
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[…] è una di queste, una rezdora – anzi una zdora come si dice a Reggio Emilia – che ha lavorato per più di 40 anni […]
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Ciao! Mi è piaciuto molto leggere il tuo blog…
Sono una ragazza che sta cercando la sua dimensione… mi piacerebbe avere una famiglia, ma mi piace anche fare cose avventurose, e mi diletto di un po’ di tutto… sono proprio multitasking! 😀
Grazie perchè qualcuno (non faccio categorie) mi ha presentato la donna come ‘quella che deve stare a casa’ e deve badare solo ai bambini… insomma molto sacrificata personalmente… invece leggendoti ho capito che si può essere una brava mamma anche essendo una brava imprenditrice e facendo anche dei lavori inusuali 🙂
Complimenti ancora :*
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Carissima, il grande inganno del mondo moderno, a mio parere, consiste in due grandi errori, tra loro opposti, ma entrambi errori. Da un lato, quello di fare credere alla donna che la famiglia e i figli siano un ostacolo alla sua felicità e alla sua realizzazione; dall’altro quello di imporre alla donna di rinunciare ai propri sogni e aspirazioni, perché la famiglia è l’unica cosa che conta. Si può fare tutto insieme, non è necessario rinunciare a qualcosa. Certo, non è sempre facile conciliare tutto: il mondo di oggi è una cospirazione contro la famiglia; e le istituzioni, i luoghi di lavoro, non aiutano certo la conciliazione casa/lavoro. Ma con un po’ di impegno si può fare: gli esempi ci sono. Segui le ali della tua creatività. Ciao!
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