La serata al bar con gli amici è un classico rito, presente a tutte le latitudini, con i suoi aspetti positivi e negativi. E’ certamente apprezzabile questo desiderio di compagnia, rispetto alla solitudine individualista di coloro che si sdraiano sul divano e cominciano a fare zapping con il telecomando in mano. C’è purtroppo l’altra faccia della medaglia: il rischio dell’alcoolismo è dietro l’angolo, grave piaga sociale che mina la felicità di molte famiglie e rovina la gioventù.
Ma con un po’ di cultura della tavola e autocontrollo si può godere della bella compagnia degli amici senza eccedere nel bere. Il bar diventa il luogo dove incontrare tipi umani, ascoltare storie, raccogliere confidenze. A volte succede che gli animi si accendano: scoppiano discussioni, si litiga, si viene alle mani. La location “bar” è da sempre fonte di ispirazione per commedie, pièce teatrali, opere liriche, film, canzoni.
Quando passo dal Giambellino mi viene sempre in mente Giorgio Gaber, grande cantautore italiano, cantore della vecchia Milano dei quartieri di periferia che ricordano atmosfere di piccoli paesi. I locali di Corso Como non hanno nulla a che vedere con quelli cantati da Gaber, quei “Trani a gogo” chiamati così dal vino sfuso della Puglia che scorreva a fiumi. Nella canzone Gaber racconta che si balla tango e polka, si fa a cazzotti, si perde al gioco, il finto pittore parla col finto scrittore, il pregiudicato racconta le sue traversie con la giustizia, “nel valpolicella la vecchia zitella cerca l’amor”, un’umanità varia alla ricerca di compagnia.
Al bancone del bar a volte si trovano gomito a gomito persone di diversa classe sociale: nel brano “Barbera e Champagne” due uomini sono accomunati dal dolore per la perdita dell’amore e annegano la loro tristezza nel bicchiere. La diversa estrazione sociale si vede da quello che bevono e da come si vestono: quello che beve champagne è in abito da sera. Ma cosa importa, la comune delusione sentimentale mette in secondo piano le differenze e decidono di trascorrere insieme la serata: uniamo i tavoli e dimentichiamo “coi nostri vini il nostro triste amor”. La conversazione ad un certo punto tocca argomenti spinosi: se si parla di politica allora di nuovo c’è il rischio di sentire il divario tra i due: “Longo, Fanfani, Moro, e giù barbera; Gianni Rivera, Mao, e giù champagne. Guardi, stia attento, lei mi sta offendendo! Uhelà, come ti scaldi, ma va’ là”. Ma presto si supera tutto e si ricomincia a bere e solidarizzare fino a quando, all’alba, il barista li butta fuori perché deve chiudere.
Scene già viste e che si ripropongono anche oggi: solo che prima in quei locali c’era il biliardo, oggi sostituito da tristi e ben più pericolose slot machine.
Leggo che lo storico locale del Giambellino che ha ispirato queste ballate a Giorgio Gaber ora è gestito da due fratelli cinesi: al giornalista che li intervista dicono che non conoscono Gaber e cercheranno qualche video su youtube. Decisamente Milano è cambiata.
L’ha ribloggato su Betania's Bare ha commentato:
…fantastico! I bar descritti qui sembrano il nostro Betania’s. L’autrice, il nostro esperto… Grazie!
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