Social eating: voglia di buona cucina e voglia di compagnia

C’è una nuova moda: il social eating. Chi ha passione per la cucina invita a casa propria persone conosciute nel web, attraverso alcuni portali nati proprio per fare incontrare cuochi dilettanti e avventori che sono alla ricerca di nuovi sapori, nuove frontiere culinarie, nuovi amici, il tutto a prezzi onesti, a volte molto vantaggiosi. Per chi cucina c’è la soddisfazione di condividere le proprie competenze, realizzare il sogno di essere chef per una sera, e anche realizzare un piccolo guadagno: ed ecco che cucine, salotti e terrazze si trasformano, occasionalmente, in un ristorante.

Come si fa? Ci si iscrive ad uno dei portali di social eating, come avventore oppure come chef. In entrambi i casi, bisogna pubblicare una descrizione di sé stessi e gli altri utenti, quando si passa dalla conoscenza virtuale a quella reale, possono anche pubblicare dei commenti,: “è simpatico, estroverso, timido, educato, creativo, pieno di interessi, una miniera di barzellette, ecc.”. Per quanto riguarda lo chef, ci sono naturalmente i commenti sulla sua cucina, oltre che sulla sua personalità. Va bene fare un salto nel buio, ma è sempre meglio raccogliere qualche informazione sulla casa dove andrò, e se sono lo chef  voglio avere qualche dato, prima di aprire le porte di casa mia a qualcuno.

Una volta iscritti, gli chef pubblicano il loro invito: data, menu, qualche dettaglio sulla location per attirare i clienti. Questi possono dunque scegliere tra una ricca offerta di appuntamenti golosi in case private. In genere si mangia bene perché chi si presta a fare lo chef è appassionato di cucina e si applica per dare il meglio di sé. Si attirano gli avventori con cucina regionale, piatti tipici della tradizione magari difficili da trovare nei ristoranti, cucina etnica, vegetariana, orientale o fusion. Ci sono cene a prezzi davvero vantaggiosi, alla portata di chi ha difficoltà ad andare al ristorante. Faccio una navigata su uno di questi portali: c’è chi propone una cena tutta a base di pesce; chi annuncia che apre il suo giardino estivo per una cena tra ortensie e gelsomini; chi offre cucina tipica napoletana e chi “incontri vegetariani del terzo tipo” (aiuto!). Devo dire che tra chi propone street food vegan e chi metterà in tavola una cena a base di salame e pasta con la salsiccia …  preferisco quest’ultimo! Ma ce n’è davvero per tutti i gusti.

Lo scopo non è solo mangiare con un prezzo ragionevole, ma anche conoscere nuovi amici, stare in compagnia, avere un talento da condividere.

C’è anche chi ha sfruttato questa nuova tendenza per organizzare eventi di “foodRaising”, espressione che con un gioco di parole descrive una bella iniziativa benefica: si organizzano cene a casa e parte dell’incasso viene devoluto ad una buona causa.

Sono un po’ meravigliata dal successo del fenomeno: vediamo però si tentare un’interpretazione.

Bisogna sicuramente considerare l’aspetto economico: pare che per qualcuno di questi chef dilettanti le cene organizzate con una certa regolarità siano diventate una fonte di guadagno e in tempi di crisi, per usare una metafora culinaria, tutto fa brodo. D’altro canto, quando il costo è vantaggioso, è una bella occasione per gli avventori.

Ma non credo che il guadagno per chi cucina e la spesa onesta per chi siede a tavola siano la sola molla a determinare il successo del social eating; c’è sicuramente il desiderio, per chi cucina, di sentirsi davvero chef per un giorno.

Ha una notevole importanza, a mio parere, anche l’aspetto della voglia di compagnia. Vi ho parlato in questo blog del fenomeno del ristorante per single: forse sono due facce della stessa medaglia, sono prodotti della solitudine del mondo moderno.

Il cibo da sempre aggrega: l’uomo, ho già avuto occasione di parlarne su questo blog, è l’unico animale che mangia in compagnia, che ha fatto del nutrimento un momento sociale altamente significativo. Un tempo il cibo era consumato sempre in famiglia, in un rito quasi sacro che univa genitori, figli e spesso anche i nonni. Oggi, sempre più spesso, anche chi vive in famiglia ha perso la buona abitudine di quel rito; si mangia ad orari diversi, prendendo dal frigorifero quello che capita. Ci sono persone che amano la buona tavola ma non sono capaci di cucinare, anche perché nessuno ha insegnato loro a stare ai fornelli e ora non hanno voglia o tempo di dedicarsi a questa attività.

C’è chi lavora lontano da casa, ci sono gli studenti universitari fuori sede, ci sono i single, coloro che hanno alle spalle percorsi complicati che li hanno distaccati non solo dai loro partner ma anche dagli amici che abitualmente frequentavano. La famiglia è un’istituzione sempre più in crisi, e questa crisi lascia dietro di sé una lunga scia di solitudine e mancanza di relazioni profonde.

C’è poi il troppo tempo dedicato ai social network: aumentano i tempi di connessione virtuale ma diminuisce l’intimità, il parlarsi faccia a faccia. I veri amici sono sempre più rari.

Ma rimane tuttavia incancellabile il desiderio di compagnia, perché l’uomo è un animale sociale. Ecco la nostalgia per la tavola apparecchiata con gusto, attenzione e ricerca della bellezza. Basta con i piatti di plastica o i contenitori dei cibi del banco rosticceria del supermercato: vorrei un piatto di porcellana e vorrei sentire il tintinnio del calice di cristallo quando brindo con chi è seduto accanto a me. Vorrei il volto sorridente di una donna che ha cucinato per noi e si presenta felice a tavola con una zuppiera fumante. Vorrei ridere vedendo chi è seduto davanti a me che si è macchiato la camicia con il sugo al pomodoro, vorrei assaporare un buon vino rosso mentre un ragazzo simpatico mi racconta del suo viaggio alla ricerca di mete eno-gastronomiche.

Questa è la bellezza della tavola: gli occhi dei commensali che si guardano e sorridono.

Il social eating è, a mio parere, voglia di buona cucina ma anche nostalgia di atmosfera familiare.

Prendiamo spunto da tutto questo per fare delle riflessioni: in una società sempre più disgregata, sempre più individualista, il nostro compito dovrebbe essere quello di cercare di ricostruire la socialità, per passare dalla frammentazione alla ricostruzione di identità, appartenenze. C’è voglia di comunità, di amicizia, di buona compagnia. Anche la buona tavola può dare un importante contributo per aiutare le persone ad uscire dalla solitudine.

Un commento su “Social eating: voglia di buona cucina e voglia di compagnia

  1. Alberto Vivenzio ha detto:

    L’ha ribloggato su Il sito di Albertoe ha commentato:
    …social eating… #cuciniamo

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