Bilbo Baggins e l’ospitalità degli hobbit

Non sappiamo che farcene delle avventure. Brutte fastidiose scomode cose! Fanno far tardi a cena!” Lo dice Bilbo Baggins nel primo capitolo de Lo Hobbit di J. R. R. Tolkien. In effetti gli hobbit sono famosi proprio perché amano molto la buona tavola, fanno fino a sei pasti al giorno e sono profondamente turbati da tutto quello che potrebbe impedire loro queste buone abitudini.

Tolkien e la cultura della tavola: si potrebbe aprire un blog solo per parlare di questo. I romanzi dello scrittore inglese sono ricchi di episodi dove si parla di banchetti, pranzi, incontri nelle taverne e birrerie, descrizioni di cibi e libagioni, di cantine e dispense ben fornite. 

Il romanzo Lo Hobbit comincia con una cena di tredici nani e Gandalf a casa di Bilbo, Il Signore degli Anelli con una grande festa di compleanno con tavolate ricolme di cibo e bevande.

La tavola è un aspetto non marginale nel racconto: ogni volta che i nostri avventurosi hobbit si fermano in qualche tappa del loro cammino, ci sono descrizioni di pasti molto interessanti, ad esempio quelli a casa di Tom Bombadil, di Beorn, di Elrond a Gran Burrone, nella reggia di Theoden a Rohan. L’ospitalità è un gesto antico, che lega profondamente chi ospita e chi viene ospitato: segno di umanità e generosità.

Come è stato opportunamente scritto: “Nel Signore degli Anelli la malvagia barbarie degli Orchi si manifesta anche nel fatto che essi non consumano pranzi: sbranano e divorano avidamente e velocemente, spesso in piedi, senza gusto e senza stile, solo per soddisfare impellenti necessità. Invece gli Hobbit, gli Elfi, e grazie al cielo anche gli Uomini, pranzano e cenano insieme, su tavole imbandite, chiacchierando tra di loro, narrando storie, ridendo o discutendo”(P. Gulisano, prefazione al libro “A tavola con gli Hobbit”). I buoni si distinguono dai malvagi anche da come mangiano.

Vediamo allora cosa accade nel primo capitolo de Lo Hobbit, quando Bilbo, persona che peraltro “amava molto ricevere visite”, vede arrivare sulla soglia della sua casa Gandalf, che cerca di coinvolgerlo in avventure, che appunto Bilbo rifiuta perché fanno “far tardi a cena”. La conversazione con lo stregone lo turba, al punto che “Aveva appena fatto colazione, ma pensò che una torta o due e un bicchierino gli avrebbero fatto bene dopo lo spavento”.

Il giorno dopo ecco l’arrivo alla spicciolata dei nani: Bilbo se li ritrova in casa, senza invito, ma si sente in dovere si accoglierli come si deve, con il thè e le torte di mele, perché “come anfitrione conosceva il suo dovere e lo compiva, per quanto fosse doloroso”.

Nel romanzo viene spesso messo l’accento sull’importanza dell’educazione, delle buone maniere, del decoro, del rispetto di consuetudini e tradizioni: per un hobbit è importante seguire certi riti, in particolare quelli dell’accoglienza dell’ospite e della generosità a tavola. Sono piccoli gesti, ma considerati da Tolkien molto sintomatici del valore di una persona.

Nelle vicende di Bilbo, e poi di Frodo e degli altri suoi amici ne Il Signore degli Anelli, molte soluzioni ai problemi verranno proprio dalla capacità molto hobbit di essere cortesi, generosi, pronti all’aiuto reciproco, rispettosi di buone maniere e capaci di dialogo con tutti. Chi ha letto i romanzi sa che l’evento fondamentale per la salvezza della Terra di Mezzo sarà la conseguenza di un grande atto di pietà e misericordia di Bilbo, un hobbit dal cuore grande.

Ma torniamo alla cena con i nani: Bilbo è sì accogliente ma anche piuttosto preoccupato perché quegli ospiti inattesi gli stanno svuotando la dispensa: a poco a poco ecco sulla tavola pan di spagna, brioche imburrate, torte e marmellata di lamponi. Passa l’ora del thè e ormai è ora di cena: lo hobbit è invitato a servire uova, pollo freddo, polpettone, insalata, sottaceti e formaggio. I nani peraltro non stanno con le mani in mano ma aiutano lo hobbit ad apparecchiare e poi a sparecchiare, tra l’altro spaventandolo a morte, fingendo di volergli rompere il suo prezioso vasellame di famiglia: in realtà nemmeno un piatto verrà sbeccato.

Gandalf è seduto a capotavola: lui e Thorin Scudodiquercia, il leader di quel gruppo di nani, bevono vino rosso, quasi a distinguersi dagli altri che bevono birra chiara e scura.

Bilbo sedeva su una seggiolina vicino al caminetto, mordicchiando un biscotto”: è preoccupato da tutto questo parlare di avventure. Ma il suo atteggiamento cambia quando i nani prendono i loro strumenti musicali e cominciano a suonare e cantare melodie suggestive e commoventi. Cosa c’è di più bello, dopo una cena, che cantare davanti ad un camino acceso?

A poco a poco Bilbo si trasforma, ormai si sente parte di quella compagnia. Non per nulla,  compagnia significa coloro con i quali io mangio il pane (cum + panis).

Il discorso di Thorin Scudodiquercia comincia con il ringraziamento a Bilbo “lode grandissima al suo vino e alla sua birra!”. Mentre Thorin racconta,  Bilbo lo ascolta con sentimenti contrastanti, oscilla tra il timore e la curiosità, la riluttanza e il desiderio di visitare mondi lontani. Senza accorgersene verrà trascinato dagli eventi: il giorno dopo si troverà a correre via da casa per raggiungere i nani, senza fazzoletto, denaro, bastone, “lasciando a metà la sua seconda colazione”.

E’ ormai dentro l’avventura: ma tutto ha avuto inizio dalla generosa condivisione di una bella tavola.

Alla fine del romanzo, Thorin Scudodiquercia riconoscerà il valore di Bilbo con una bellissima lode: “In te c’è più di quanto tu non sappia, figlio dell’Occidente cortese. Coraggio e saggezza, in giusta misura mischiati. Se un maggior numero di noi stimasse cibo, allegria e canzoni al di sopra dei tesori d’oro, questo sarebbe un mondo più lieto.

4 commenti su “Bilbo Baggins e l’ospitalità degli hobbit

  1. […] Gli italiani desiderano più che mai stare a proprio agio nella propria casa, accogliendo amici in simpatica convivialità, e apprezzano la possibilità di avere nella propria abitazione un luogo per stare all’aria aperta con uno spazio verde da coltivare. Definirei questo atteggiamento molto hobbit, in onore dei meravigliosi protagonisti dei romanzi di Tolkien, piccoli uomini che amano mangiare e bere in compagnia, coltivare la loro terra, curare i fiori, le piante e i loro orti. Verranno travolti da eventi drammatici e avventure pericolose che li strapperanno alla loro tranquilla quotidianità ma combatteranno proprio per poter tornare al più presto nella loro amata Contea, dove poter vivere in pace e serenità, bevendo birra e mangiando cibi succulenti in allegra compagnia. Un sondaggio di GfK Sinottica® rivela che gli italiani sono decisamente sempre più hobbit, e questo non può che farmi piacere. (Se desiderate saperne di più sugli hobbit a tavola, leggete qui). […]

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  2. […] la cena a casa di Bilbo, con Gandalf e i nani, e a quella tavola nasce una condivisione profonda (leggi qui). Il Signore degli Anelli si apre invece con  la festa di compleanno di Bilbo; e poi ci sono la […]

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  3. […] il romanzo: quello dell’ospitalità e della cura della buona tavola. Già ve l’ho raccontato in un altro post: caratteristica comune dei personaggi positivi di Tolkien è quella di apprezzare il buon cibo e di […]

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