Per questo Triduo Pasquale vi voglio presentare un’iconografia molto particolare, che rappresenta il sacrificio di Cristo: il Torchio Mistico. E’ un’immagine che presenta Cristo nel tino, al posto dei grappoli; la croce è un tutt’uno con la vite del torchio e il sangue di Cristo viene raccolto in un recipiente: è il vino che si fa sangue, il sangue che si fa vino.
E’ una rappresentazione cruda e dolorosa, molto spettacolare e allegorica, efficace per la catechesi sulla Passione e l’Eucarestia, tipica dell’epoca della Controriforma. Trova la sua ispirazione in molti passi dell’Antico e Nuovo Testamento: “Io sono la vera vigna e mio Padre è il vignaiolo “ (Giovanni, 15,1) e in alcune meditazioni dei Padri della Chiesa. Sant’Agostino ad esempio scrive: “Il primo grappolo d’uva schiacciato nel torchio è Cristo. Quando tale grappolo venne spremuto nella passione, ne è scaturito quel vino il cui calice inebriante quanto è eccellente! (Esposizione sul salmo 55). “Chi si consacra al servizio di Dio ha da sapere che è entrato nel torchio. Sarà stritolato, schiacciato, spremuto. Non perché abbia a morire fisicamente, ma perché fluisca nei serbatoi divini.” (Esposizione sul Salmo 83).
San Pier Damiani si rivolse a Maria dicendo “Da te è uscito il grappolo che doveva essere spremuto sotto il torchio della croce.”
A proposito di questa immagine così suggestiva, vi suggerisco la lettura di questo articolo di Suor Maria Gloria Riva.
Con l’augurio di vivere intensamente il Triduo Pasquale, nell’attesa della Pasqua di Resurrezione.
[Suor Maria Gloria Riva (Monza 1959) entra tra le Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento nel 1984 dove, accanto alla sua passione per l’arte, coltiva lo studio della Sacra Scrittura e della Patristica. Ha pubblicato molti libri, dedicati al rapporto tra la Bibbia, la spiritualità e l’arte. Dal febbraio del 2007 si è trasferita nella Diocesi di San Marino-Montefeltro dove ha fondato una comunità Monastica che, accanto all’Adorazione Perpetua, si propone di educare lo sguardo alla Bellezza.]
Il «torchio mistico», sacrificio di Gesù per tutti
«Esser messi sotto torchio» non è per noi una bella espressione, tanto meno «pagare col sangue»; eppure nella fede, grazie alla Rivelazione, torchio e sangue sono diventati segno di una salvezza insperata.
Tra le iconografie più singolari sparse nella nostra penisola vi è quella del torchio mistico: Cristo, schiacciato dalla croce come da un torchio, spremuto nella passione, offre alla Chiesa il sacrificio del suo sangue per la salvezza.

Torchio Mistico. Ernst Van Schayck – Secondo-terzo decennio del XVII sec. Chiesa di S. Agostino, Matelica (Macerata)
Una cruda drammaticità che oggi fa un po’ specie. Ma il torchio mistico non è raro, ne troviamo un esemplare a Matelica (Macerata) nella chiesa di Sant’Agostino. Ernst Van Schayck dipinge un immenso tino entro al quale Cristo sta pigiando l’uva. La croce pesa su Gesù e si comprende che il frutto da pigiare è il suo stesso corpo. Del resto tra vino e sangue c’è, in ebraico, una stretta assonanza, poiché il «vino» è detto «sangue dell’uva».
Il mistero del torchio s’infittisce quando vediamo che è il Padre stesso a torchiare il Figlio suo e che lo Spirito Santo, poggiato sopra la croce, contribuisce a pesare il legno sul corpo del Redentore. L’espressione mesta e serena del Padre e del Figlio ci conferma che tutta la Trinità è unanime in quest’offerta sacrificale.
Una scritta latina, svela il mistero: “Torcular calcavi solus et de gentibus non est vir mecum”. È un versetto di Isaia (63,3): «Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me». La tela si trova in una chiesa dedicata a Sant’Agostino e fu proprio il vescovo di Ippona (con altri, come ad esempio Tertulliano) che, meditando questo passo, paragonò il torchio alla croce dove Cristo era stato premuto da solo, per la salvezza di tutti.
Due angeli, in primo piano, raccolgono il prezioso vino, cioè il sangue colato dalle piaghe del Salvatore, per spargerlo su Gerusalemme, le cui mura si vedono sullo sfondo.
Così il torchio, se da un lato è segno dell’ira divina, dall’altro è anche il luogo dove, pigiando uva, si ricava vino. Tale è l’opera della Trinità: trasformare il male in bene e il sangue sacrificale in bevanda per la vita e per la gioia. Testimoni, per noi, di tutto questo sono tre santi: Giovanni Battista, ultimo dei profeti dell’antico Testamento e primo del Nuovo, la Vergine Addolorata e Giovanni Evangelista, primizie della Chiesa presenti sotto la croce.

Maria Corredentrice e il Torchio Mistico, Ansbach (Germania) – Chiesa di San Gumberto (Ritterkapelle) – tavoletta votiva di Maestro dei torchi (scuola Duhreriana) 1511
Anche in Germania, ad Ansbach nella chiesa di San Gumberto, c’è una tavoletta raffigurante il torchio mistico dove si vede Dio Padre manovrare il torchio-croce sotto il quale sta Gesù. Qui però lo Spirito aleggia in un cielo dorato indicando a tutti la promessa certa della risurrezione. È invece la Madre Addolorata che, con il cuore straziato, partecipa all’offerta del Figlio sorreggendolo in questo supplizio; uno dei cartigli, infatti, afferma che Cristo non era totalmente solo, perché Maria era con lui. Non ci sono angeli a raccogliere il frutto che sgorga dal tino ma san Pietro. E il frutto non è vino ma sono ostie, rimando teologico al Mistero Eucaristico frutto della passione del Redentore. Il donatore, anch’egli in primo piano ma proporzionalmente più piccolo, osserva estatico la scena, comprendendo il mistero. Quanto siamo lontani da tutto ciò!
E che libertà avevano gli antichi nel guardare a un Dio che torchia il Figlio! Noi, invece, che vogliamo salvare Dio da una tale immagine, cadiamo vittime di padri sanguinari dove il sangue versato non salva e le torchiature non restituiscono vino per la gioia.
Suor Maria Gloria Riva
Avvenire, 3 luglio 2014
[…] blog (avevo presentato un suo testo sull’iconografia del Torchio Mistico; se lo volete rileggere, cliccate qui). Il quadro che vedete è della Scuola di Guido Reni: “Sacra Famiglia a tavola” (olio su […]
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