«Un modello alimentare cristiano non esiste. Fin dai primi tempi della predicazione apostolica la linea che si affermò – non senza contrasti e contraddizioni – fu quella della libertà, che lasciava a ciascuno la responsabilità delle proprie scelte, negando che gli alimenti siano buoni o cattivi in sé.» Scrive così Massimo Montanari, nel suo libro “Mangiare da cristiani” (ed. Rizzoli). In pratica, il cristiano mangia tutto e con tutti.
Una cosa scontata? No, soprattutto quando mi sono trovata tra le mani un manuale, intitolato “Don’t worry, eat happy – Attenti alle intolleranze alimentari, rispettosi delle diete religiose.” Pubblicato da alcune associazioni del terziario, pubblici esercizi e alberghi, in occasione di EXPO Milano 2015, nasce dalla considerazione che l’esposizione universale sia un’occasione, per il settore della ristorazione italiana, per offrire le proprie eccellenze e dimostrare non solo la qualità dei cibi ma anche quella dell’accoglienza, della capacità relazionale, dell’ospitalità, con particolare attenzione alle problematiche non solo delle allergie e intolleranze alimentari, ma anche delle componenti culturali e religiose che influiscono sulle scelte alimentari.
Apprezzo molto questa attenzione al cliente, questa volontà di rispondere alle esigenze di tutti, con spirito di accoglienza e di servizio. Nelle pagine dedicate alle diete Halal, Kosher e Vegane, obiettivo dichiarato è quello di far percepire al cliente “il rispetto e la conoscenza delle sue esigenze”. Anche se con realismo si aggiunge: “Ma non è sempre semplice”.
Il manuale per prima cosa spiega cosa si intende con questi termini: l’alimentazione Halal è quella islamica. Si può tradurre il termine con “cibo lecito”, contrapposto al termine haram che vuol dire proibito.
L’alimentazione Kosher è quella della religione ebraica. E’ il cibo adatto alle regole, contrapposto al cibo taref, quello proibito.
Più articolata la definizione di alimentazione vegana: in questo caso parliamo di un’attenzione culturale, etica. I vegani non mangiano nulla di origine animale, a differenza dei vegetariani che mangiano uova e latticini. Per i vegani il rifiuto della carne è totale, per gli islamici e gli ebrei il consumo è permesso ma solo per alcuni animali e la macellazione deve seguire delle procedure particolari.
Le due religioni da questo punto di vista (cosa curiosa) sono simili: non è consentita la carne di maiale, di cavallo e di coniglio. Si può mangiare il pesce, quello con le squame, ma non crostacei e molluschi. Una curiosità: la “colla di pesce” è in realtà un residuo della lavorazione dei suini: dunque non offrite ad un islamico o ad un ebreo un budino, una bavarese o una panna cotta. Occhio anche ai coloranti alimentari, perché alcuni hanno una derivazione animale, e di animali proibiti.
Per quanto riguarda le regole ebraiche, è vietata la cottura contemporanea di carne e latte o latticini; la commistione nello stesso pasto dei due ingredienti; l’uso di stoviglie misto, anche in tempi diversi. Il vino? Permesso solo se prodotto sotto il controllo di personale di origine ebraica, per evitare il contatto con sostanze impure. L’elenco dei cibi proibiti per l’alimentazione kosher è lungo, comprende anche prodotti pre-cucinati, salse e maionese, derivati del latte, persino caramelle, se non hanno il certificato kosher.
Per gli islamici, niente vino e altre bevande alcooliche. Attenzione agli alimenti complessi, che potrebbero contenere cibi non halal.
Beh, che dire: il titolo del manuale è “Don’t worry, eat happy”. Ma se bisogna servire in tavola persone con queste esigenze alimentari c’è un po’ da preoccuparsi, le regole sono tante e non sempre di facile applicazione, soprattutto per un ristorante.
Il manuale contiene anche consigli sulle abitudini a tavola degli arabi, dei giapponesi, dei cinesi. Curiosità interessanti, anche per evitare screzi diplomatici.
Una annotazione finale: si può sfogliare in lungo e in largo il manuale, ma non c’è nessuna pagina dedicata al cristiano a tavola.
Già: il cristiano mangia tutto e con tutti.
[…] intorno al cibo e ai banchetti; racconto il contributo del monachesimo e le usanze a tavola di altri popoli e altre religioni. In questi anni ho commentato film e trasmissioni televisive che parlano di cucina, chef e buona […]
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[…] alle spalle la tradizione ebraica, che distingue cibi puri e impuri e rispetta regole precise (a questo link potete leggere il post Religioni a tavola: tra regole e divieti). I cristiani devono mescolarsi con […]
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Troppi precetti e tanto rigorismo! A quale scopo, poi? Mi risulta che l’aspettativa di vita in Israele sia piuttosto bassa… Tumori e affezioni gastriche paion esser causa di elevata mortalità. Gli onnivori e gaudenti italioti cristiani, invece, eredi di una cultura alimentare nn imbrigliata da cavillose restrizioni, sembrano godere di maggior salute e qualità di vita nettamente superiore! Lobbies multinazionali e big pharma, permettendo… Nn sarà che la libertà principia anche a tavola?
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Gentile Serena, sono d’accordo con te. Penso però che in quell’opuscolo non abbiano dedicato spazio al cristianesimo, proprio perchè era dedicato a come accogliere persone di culture diverse. Ma certo un accenno, a titolo quanto meno informativo, sarebbe stato carino … Un cordiale saluto!
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Certo, anche se la vera accoglienza la si fa proprio mettendo in risalto la propria cultura
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Giusto!
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L’ha ribloggato su Il sito di Alberto.
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Molto interessante, grazie.
Piccola annotazione: da un lato è bellissimo scoprire l’eccellente e distintiva convivialità dei cristiani a tavola, dall’altra, però, non mi piace l’omissione della caratteristica cristiana dal manuale (magari un piccolo capitoletto potevano anche scriverlo dato che è stato redatto in occasione di Expo Milano 2015 e visto che si parla di rispetto delle diete religiose).
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