“Frate Bacco”: così era chiamato, con simpatia, il monaco addetto alle vigne nell’abbazia benedettina di Fleury, sulle rive della Loira.
I monaci hanno raggiunto l’eccellenza in molti campi: tra questi, anche nella produzione del vino. La prima motivazione è quella liturgica: per il Sacramento dell’Eucarestia è necessario avere il vino. Nell’epoca delle invasioni barbariche, dei viaggi lunghi e pericolosi, il commercio è difficoltoso e sottoposto a tante incertezze. San Benedetto abitua i monaci ad essere autosufficienti, a procurarsi da sé tutto il necessario per la vita della comunità monastica. Così i monaci piantano la vite e producono il vino. E ne devono anche produrre una grande quantità, perché fino al XII secolo la Comunione si faceva sempre sotto le due specie. La quantità peraltro non è mai a scapito della qualità: bisogna essere perfetti, come il Padre Nostro che è nei Cieli, e dunque anche nella vinificazione bisogna raggiungere l’eccellenza. Tutto ciò che riguarda la liturgia e i sacramenti deve essere di grande pregio.
Ma la diffusione del vino è stata favorita anche dai tanti versetti della Bibbia ad esso dedicati. Il Testo Sacro invita alla moderazione nel suo consumo, condanna chi si ubriaca e non sa praticare la virtù della temperanza, ma ne esalta il valore conviviale e anche le virtù terapeutiche e medicinali. Nulla a che vedere con la mentalità proibizionistica di stampo calvinista o i divieti dell’islam: “Il vino è come la vita per gli uomini, purché tu lo beva con misura. Che vita è quella di chi non ha vino? Questo fu creato per la gioia degli uomini. Allegria del cuore e gioia dell’anima è il vino bevuto a tempo e a misura.” (Siracide 31, 27-28). “Signore mio Dio quanto sei grande! Fai crescere il fieno per gli armenti, il vino che allieta il cuore dell’uomo, l’olio che fa brillare il suo volto e il pane che sostiene il suo vigore”. (Salmo 103, 1-14-15)
La vite e il vino sono spesso metafora del Regno di Dio, nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Il primo miracolo di Gesù a Cana di Galilea è la trasformazione dell’acqua in vino, e per di più un vino di tale pregio da stupire il maestro di tavola. La festa è salva, ma soprattutto la grazia di Dio avrebbe accompagnato per sempre quegli sposi che avevano invitato al loro matrimonio Gesù, Maria e gli apostoli.
Gesù utilizza spesso l’immagine della vigna: “Io sono la vite, voi i tralci” (Giovanni 15,5). Raccomanda la temperanza: “State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita, e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso” (Luca 21, 34). Anche san Paolo raccomanda sobrietà, ma a Timoteo consiglia il vino per le sue proprietà terapeutiche: “Smetti di bere soltanto acqua, ma fa uso di un po’ di vino a causa dello stomaco e delle tue frequenti indisposizioni” (I Timoteo 5, 23).
Il Sacramento istituito durante l’Ultima Cena porterà il pane e il vino ad una diffusione e un destino universali. Dovunque arriverà il cristianesimo, arriverà la vite e verrà prodotto il vino. Tanti esperimenti felici dei monaci cistercensi hanno portato all’eccellenza dei vini di Borgogna; ai monaci di Grottaferrata dobbiamo il Frascati, ai Cistercensi il Gattinara. I Gesuiti, proprietari di terreni lungo il Vesuvio, sono stati a lungo i produttori esclusivi del Lacryma Christi. Oggi sono di moda i vini californiani, ma pochi sanno che il primo vino della California si deve a un francescano, che lo produsse nella sua missione a San Diego.
Aveva proprio ragione lo scrittore inglese Hilaire Belloc: “Laddove splende il sole cattolico, c’è sempre allegria e buon vino rosso. “
(Articolo pubblicato sul n° 5 della rivista La Roccia, Shalom Editrice)
[…] Cristianesimo e vino: un legame indissolubile […]
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Vino & Focolare
“Il miglior vino è quello che si beve con gli amici”.
Detto riportato su una antica targa di legno che ornava la cappa del focolare della casa di campagna di un vecchio amico. La riporto per che mi sembra coerente con lo spirito di questo blog che leggo con piacere.
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Grazie per la bellissima citazione!
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Anche questo articolo merita di essere segnalato. I richiami ai salmi sono come sempre appropriati. Ho apprezzato la parte iconografica e in particolare la lettera d’apertura riveniente da un antico codice miniato. Quale?
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L’ha ribloggato su Il sito di Alberto.
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