Il maialino di Sant’Antonio Abate

Il vino è un elemento fortemente simbolico per l’Europa cristiana, non solo grazie all’Eucarestia ma anche per la contrapposizione che evoca con il mondo islamico. Ma c’è un cibo, ben più semplice e all’apparenza povero, che è diventato un elemento di identità religiosa: il maiale. Né gli ebrei né i musulmani mangiano maiale: questa carne diventa dunque caratteristica della cultura europea e cristiana, che come sappiamo è priva di divieti alimentari, aperta per sua natura alla conoscenza, alla sperimentazione, a mangiare semplicemente quello che abbiamo a disposizione.

Il maiale è una grande fonte di nutrimento. Si mangia la sua carne; dalla sua lavorazione si ottengono salsicce e insaccati di vario tipo; il suo grasso, il lardo, si utilizza come condimento, in alternativa all’olio e al burro; dalle sue cosce stagionate si ricavano prosciutti gustosi; la cotenna insaporisce i fagioli; si utilizza il suo sangue per fare il sanguinaccio; con le setole si fanno pennelli.  C’è un modo di dire: “Del maiale, non si butta niente”. E’ vero: animale molto prolifico, è diventato ben presto il re sulle tavole contadine dell’Europa.

Oggi forse appare un po’ fuori moda, in una cucina come quella contemporanea, tutta orientata a cibi leggeri e raffinati. Ma nella cultura cristiana il maiale è stato sempre visto con simpatia, al punto che lo troviamo nell’iconografia di un grande santo: Sant’Antonio Abate, padre del  monachesimo orientale. Nato in Egitto verso il 250, si ritirò nel deserto dove visse per più di ottant’anni, attirando fedeli grazie alla sua fama di santità e combattendo con il demonio, che lo perseguitò con durissime prove. Sul suo esempio nacquero tante vocazioni alla vita eremitica, dando vita ad un movimento che ancora oggi fa sentire il suo influsso. E’ un santo molto popolare, a lui sono dedicate chiese ed è patrono di tante città.

Ma perché è raffigurato con il maialino? Ci sono leggende che si mescolano alla storia. Pare che si debba risalire all’antico Ordine ospedaliero degli Antoniani, che curava l’herpes zoster con un unguento ricavato dai maiali. Proprio quel collegamento con la guarigione dal male chiamato ancora oggi “fuoco di sant’Antonio”, ma anche l’episodio che vede il Santo recarsi all’inferno per contendere al demonio le anime dei peccatori,  ha fatto del santo eremita anche il patrono di quanti lavorano con il fuoco. Il maiale e il fuoco sono dunque al centro dei festeggiamenti nel giorno della sua memoria liturgica, il 17 gennaio: è tradizione benedire gli animali domestici e le stalle e accendere i cosiddetti “falò di Sant’Antonio”, segnando il passaggio dall’inverno all’imminente primavera.

Quindi eccolo qua il nostro maialino, accanto a sant’Antonio Abate. Animale semplice ma degno di entrare nelle chiese, di essere scolpito accanto al santo nelle statue, di essere raffigurato in grandi quadri o immaginette. Molti animali entrano nelle chiese, con alti significati simbolici: l’aquila, la colomba, l’agnello. Il maiale cosa rappresenta? Solo sé stesso. A maggior ragione, è segno caratteristico della nostra religione: rifiutato dagli ebrei e dai musulmani, ottiene grande successo tra i cristiani.

(Articolo pubblicato sul n° 7 della rivista La Roccia, Shalom Editrice)

5 commenti su “Il maialino di Sant’Antonio Abate

  1. Anonimo ha detto:

    La benedizione degli animali avveniva nella stalla perché proteggeva essi dalle malattie

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  2. […] convivialità. Ho visto che hanno avuto grande successo i post dedicati ai piatti tipici delle feste dei Santi. Vi ho raccontato i miei itinerari enogastronomici e ho intervistato persone che avevano tante cose […]

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  3. gform@iol.it ha detto:

    Mia cara amica, del maiale dimentichi ‘o pere e ‘o musso, il capito, la guancia e di S.Antonio Abate che s’annammuraje d’o puorco.Salute a te e complimentiin J. et M.g.

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  4. […] Sorgente: Il maialino di Sant’Antonio Abate […]

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