Da cosa cominciamo? Da un po’ di antropologia, di studio del comportamento umano.
Sento già la vostra domanda: ma non dovevamo parlare di cultura della tavola? Credevo fosse un blog divertente, invece si parla di argomenti noiosi.
Tranquilli, nulla di accademico, ma voglio fare con voi qualche riflessione su come si rapporta la specie umana nei confronti del cibo. Solo partendo dall’inizio si può capire perché esista una cultura e un senso di bellezza e arte anche sulla tavola.
L’uomo, come tutti gli esseri viventi, per vivere deve nutrirsi: in questo non è diverso dalle piante e dagli animali. Come questi ultimi, si procura il cibo cacciando o raccogliendo i vegetali.
E’ il mito dell’uomo cacciatore e raccoglitore, o meglio del maschio cacciatore e della femmina dedita alla raccolta di vegetali. Ma così dicendo non vorrei essere accusata di stereotipi di genere. Eppure, l’antropologia proprio questo racconta.
Ma come diceva Konrad Lorenz, che essendo etologo ha passato la vita ad osservare il comportamento animale: “Nell’uomo c’è tutto l’animale, ma non certo tutto l’uomo è nell’animale”. L’uomo è intelligente, razionale, portato all’innovazione, all’esplorazione, alla voglia di sperimentare e di trovare soluzioni che gli permettano di vivere meglio. Impara ad addomesticare alcuni animali, scopre che in questo modo non solo si fa meno fatica ma si ottiene anche un prodotto migliore. Con la stessa logica, impara a coltivare ortaggi e frutta. Ma non si ferma qui: incrocia tra loro le razze di animali e ottiene nuovi prodotti con innesti ed esperimenti sul mondo vegetale. L’uomo diventa allevatore e coltivatore.
Una volta che si è procurato il cibo, ecco un’altra attività prettamente umana: la magia prodotta dal fuoco. L’uomo inventa la cucina: ecco la cottura sulla brace oppure in padella, ecco la trasformazione del cibo attraverso la cottura, scoprendo sempre nuove tecniche, dal barbecue dell’uomo delle caverne al microonde nella cucina più moderna.
Sempre per andare alla ricerca di accuse di stereotipi di genere, vi siete accorti di quanto sia tipicamente maschile il barbecue? Provate a proporlo ad un gruppo di donne: anche se ottime cuoche, e persone di buon appetito, probabilmente storceranno il naso, all’idea di affumicarsi e sporcarsi di fuliggine.
Opteranno per carni arrosto o lessate. Proponetelo ad un gruppo di uomini e vedrete i loro occhi che cominciano a brillare, al pensiero di mettersi in t-shirt e pantaloncini corti davanti alla griglia con un pacco di carbonella, pinze, forchettoni, salsicce e costine di maiale. La cottura sulla brace di legna resta una passione ancestrale del genere maschile.
Ma la capacità tutta umana di essere creativi nell’alimentazione non si ferma alla cottura: i cibi cacciati, raccolti, allevati o coltivati, vengono non solo cotti ma mescolati tra loro. Nascono le ricette di cucina, che attraverso l’unione di vari prodotti metteranno in tavola dei cibi che hanno un aspetto e un sapore completamente diverso da quello degli ingredienti che li compongono.
Facciamo un esempio: prendiamo delle uova, dello zucchero, del latte, un po’ di vanillina, del cioccolato, farina, un po’ di lievito. Ingredienti semplici, apparentemente. Eppure con questi prodotti un pasticcere di Parigi ha creato una torta che ha dedicato al santo patrono dei pasticceri: la Saint-Honorè. Possibile? Sembra una magia: a pensarci ci si commuove. Non è forse vera arte?
Dicono che discendiamo dalle scimmie, ma sicuramente il salto dell’evoluzione è stato notevole, se si passa da un animale la cui massima abilità consiste nello sbucciare una banana ad uno che si inventa tali opere d’arte.
Ma la nostra riflessione sulle capacità umane applicate al cibo non si ferma qui: quando il prodotto è superiore alla necessità del consumo immediato, nasce l’esigenza di conservare i cibi, anche per far fronte a periodi di carestia, fame, guerre. Un tempo non esistevano frigoriferi e congelatori: ecco che ci si inventa l’essicazione, l’affumicatura, la fermentazione, la stagionatura; si conservano i prodotti sotto sale, sott’olio, sott’aceto. Da queste necessità, l’uomo è riuscito a trarne occasioni di piacere: in caso contrario, non avremmo i formaggi, i prosciutti e il baccalà.
L’uomo non ha imparato solo a vincere i limiti del tempo ma anche quelli dello spazio: curioso e intraprendente, cerca approvvigionamenti nei paesi vicini, nasce il commercio dei prodotti, i mercati espongono merci esotiche, come le spezie, gustose e necessarie per la conservazione degli alimenti. A poco a poco si realizzerà la globalizzazione dei cibi, e oggi possiamo trovare nel supermercato sotto casa bevande americane e salse thailandesi.
Avete visto quanto impegno, intelligenza e creatività mette l’uomo nella sua necessità vitale di nutrirsi?
Eppure c’è un’ultima cosa da aggiungere: last but not least, direbbero gli inglesi. Anzi, è la cosa che personalmente mi colpisce più di tutte, tra le caratteristiche dell’uomo che mangia: l’essere umano è l’unico animale che mangia insieme ai suoi simili. Ci sono tanti animali “sociali”, che vivono in branco, che hanno una ben organizzata gerarchia e organizzazione sociale, che cacciano insieme, che si spartiscono la preda. Ma poi ogni membro del branco mangia da solo.
Mangiare insieme è tipico della specie umana. Ecco la tavola.
Il nostro viaggio è cominciato: arrivederci al prossimo post!
[…] mio blog trovate post dedicati alla storia della cucina, dei cibi e dei loro valori simbolici; parlo della tavola della famiglia e degli amici; mi soffermo […]
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[…] avremmo i formaggi, i prosciutti, il baccalà. Ve ne ho parlato già in uno dei miei primi post, leggete qui. Per quanto riguarda il lardo, però, non c’era modo di conservarlo a lungo. Quando faceva […]
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[…] Ma la capacità tutta umana di essere creativi nell’alimentazione non si ferma alla cottura: i cibi vengono non solo cotti ma mescolati tra loro. Nascono le ricette di cucina, che attraverso l’unione di vari prodotti metteranno in tavola dei cibi che hanno un aspetto e un sapore completamente diverso da quello degli ingredienti che li compongono. (Per saperne di più, leggi qui ) […]
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L’ha ribloggato su Il sito di Alberto.
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